Appello disperato di Massimo Sacco, un italiano affetto da microcitemia in prigione ad Abu Dhabi dal marzo 2018 in attesa di giudizio, accusato di traffico internazionale di...
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«Il mio stato di salute è giunto ormai al collasso, sono stato sottoposto a un esame del sangue che dimostra la presenza di una devastante microcitemia - afferma -. Il direttore del carcere gioca da tre mesi con la mia vita, sono stato sottoposto ad una ecografia alla milza che sta assumendo delle dimensioni spropositate. Rischio che a breve la mia malattia si trasformi in una leucemia. La situazione è diventata drammatica e solo adesso stanno cercando di metterci una toppa. Vorrebbero curarmi dandomi del ferro, ma questo equivarrebbe a condannarmi a morte. I dottori degli Emirati Arabi non sanno neanche cosa sia la microcitemia, che pur essendo una grave forma di anemia non va in nessun modo curata con il ferro. Non ho più parole».
Sacco afferma di «aver rifiutato di prendere farmaci che mi avrebbero fatto morire» e di essere «stato sottoposto a torture atroci da parte delle guardie carcerarie, riportando contusioni in tutto in corpo, incrinazione di tre costole, scosse elettriche ai genitali. A seguito delle scosse elettriche ricevute ai genitali il testicolo sinistro ha assunto le dimensioni di un'arancia, mi procura un dolore atroce e mi impedisce di camminare. Io spero di poter tornare quanto prima in Italia, sempre che non muoia in carcere. Sono in carcere da 12 mesi, senza nessuna sentenza, senza alcun diritto umanitario. Ho subito botte, soprusi, angherie».
Sacco, nel dettare il messaggio al proprio legale tramite la compagna, ricostruisce la propria storia: «Al momento dell'arresto ero titolare unico di una società di ristrutturazione negli Emirati con appalti milionari.
Il Messaggero