Coronavirus, in Germania indice di contagio cala a 0.9

Lo spazio di manovra concesso dal coronavirus è chiaramente esiguo, anche nella Germania in cui molti spingono sulla riapertura per evitare il tracollo dell'economia. E...

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Lo spazio di manovra concesso dal coronavirus è chiaramente esiguo, anche nella Germania in cui molti spingono sulla riapertura per evitare il tracollo dell'economia. E questo è evidente dalle oscillazioni dell'indice di contagio R0, risalito ieri al valore 1, dando il senso della «fragilità» - la parola che usa sempre Angela Merkel - della situazione. Oggi il valore è sceso di nuovo allo 0,9, dove si era fermato da qualche giorno: il Robert Koch Institut ha aggiornato questo importante parametro di riferimento nel pomeriggio.


«Rispettare le regole e la distanza, restare a casa il più possibile» è l'appello reiterato quasi quotidianamente. Ma sul valore che segnala che ogni paziente ne contagia un altro, la Germania mantiene il sangue freddo. E non è confermata per ora neppure la relazione con la Pasqua, quando i tedeschi - che non sono confinati in casa e devono limitarsi a non uscire in più di due - si sono riversati nei parchi, nei boschi e nella piazze per godere del bel tempo. 


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​«Difendiamo il successo della battaglia condotta finora», ha incalzato il presidente dell'Istituto Lothar Wieler, che fa il punto con la stampa due volte a settimana: oggi ci sono 156.337 casi e quasi 6.000 vittime. Il tasso di contagiosità del virus non è però l'unico da prendere in considerazione, ha anche spiegato: nelle scorse settimane l'aumento dei casi di coronavirus ammontava a 3.000 su base quotidiana, negli ultimi giorni è sul migliaio. Questo conta, eccome. Ô «il numero assoluto» citato anche dal ministro della Salute Jens Spahn, «che rende al momento gestibile la situazione». E del resto proprio dal ministro della Cdu è partito l'appello agli ospedali a recuperare un pezzo di normalità, diminuendo le quote di posti letto in terapia intensiva riservate al Covid. 


Il paradosso dell'emergenza, a queste latitudini, è che molti istituti sanitari sono sull'orlo del fallimento, venendo meno gli introiti portati dagli interventi ordinari, tutti rinviati. E se le mascherine diventano obbligatorie nei 16 Laender, nei trasporti pubblici come nei negozi, la spinta verso la normalità è molto concreta: dai ministri dell'Istruzione, che hanno chiesto al governo di far tornare «tutti gli scolari, almeno alcuni giorni o per alcune settimane fra i banchi prima della pausa estiva»; alla decisione dell'Assia, che ha consentito di frequentare messe e case di cura. Era stata proprio Frau Merkel però a descrivere la curva in termini scientifici il 16 aprile scorso, quando la Germania poteva rallegrarsi di un R0 allo 0,7. «Se dovessimo arrivare alla situazione in cui ogni persona affetta dal virus contagia 1,1 persone, il sistema sanitario sarebbe al limite ad ottobre», aveva ammonito.

Mentre il virologo dello Charitè di Berlino, Christian Drosten, volto notissimo di questa pandemia, ha ribadito il monito in un podcast: «Se il tasso di riproduzione dopo l'allentamento delle misure salisse di nuovo sopra il valore 1, l'epidemia potrebbe riesplodere con un'irruenza inaspettata». Intanto la Germania cerca comunque di guardare avanti. Si temono danni economici maggiori di quelli preventivati, le stime sulla caduta del Pil nel 2020 sono del -6,3%, e c'è un braccio di ferro con Bruxelles sull'ampliamento del piano di salvataggio delle imprese. La gastronomia è sul piede di guerra e si tengono gli occhi puntati sulla prossima conferenza stato-regioni di giovedì, anche se il governo ha provato a smorzare le attese. In questo clima, il presidente del Bundestag Wolfgang Schaeuble ha ammonito: «Non tutto può arretrare davanti al diritto alla vita». E si è visto dare ragione addirittura dal leader dei Verdi, Robert Habeck. I tedeschi hanno voglia di ripartire. E Merkel avrà problemi a esercitare la sua consueta cautela.


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Il Messaggero