Coronavirus, un charter per evacuare gli italiani: ma manca il via libera di Pechino

Un bus privato va sul Lungotevere dove è stato chiamato per trasportare un gruppo di turisti. Quando scopre che sono cinesi, si rifiuta di farlo salire perché ha...

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Un bus privato va sul Lungotevere dove è stato chiamato per trasportare un gruppo di turisti. Quando scopre che sono cinesi, si rifiuta di farlo salire perché ha paura del contagio del coronavirus di Wuhan. Alla fine il titolare della società chiama il 112 e gli operatori del servizio di emergenza sanitaria gli spiegano che non c'è alcuna ragione per lasciare a piedi i turisti cinesi. Questo episodio di irrazionalità e paura a Roma, racconta del clima che si sta creando e che rischia di essere, in Italia, più insidioso del virus stesso, tenendo conto che nel Milanese un ragazzino di 13 anni, di origini cinesi, ha raccontato di essere stato insultato a Cesano Boscone mentre giocava una partita di calcio del campionato giovanissimi: «Spero ti venga il virus», gli hanno detto. In un autogrill in provincia di Pistoia, fermato un pullman con turisti cinesi (non provenienti della zona dell'epidemia), e siccome una donna aveva la febbre sono stati isolati. Controlli in corso per confermare che non si tratta di coronaovirus. Se da una parte va contrastato sul nascere il virus dell'irrazionalità che si mescola al razzismo, dall'altra l'Italia si sta muovendo su due fronti. Da una parte si sta organizzando il rimpatrio dei connazionali che sono ancora nella zona di Hubei (isolata dalle autorità cinesi per fermare il contagio) con voli charter, ma ancora non c'è il via libera della Cina. Dall'altra sono scattati controlli più severi sui voli. Da ieri mattina chi atterra a Fiumicino e arriva da una delle undici destinazioni collegate con volo diretto (Pechino, Shanghai, Shenzhen, Wenzhou, Wuhan - ma in questo caso la rotta è stata sospesa -, Xian, Hangzhou, Hiakou, Chengdu, Guangzhou e Hong Kong) si trova a vivere in una sorta di film: su disposizione del Ministero della Salute, a bordo salgono gli specialisti della sanità aerea, con tute bianche, che misurano la temperatura di tutti i passeggeri. Sotto c'è un'ambulanza di quelle specializzate per il trasporto di pazienti in isolamento, in attesa. Se vengono rilevati casi sospetti, chi ha la febbre sale sull'ambulanza, gli altri seguono il canale sanitario protetto. A Fiumicino l'altra sera, a bordo di un aereo proveniente da Pechino, è stato rilevato il caso sospetto di un bambino di cinque anni. Aveva la febbre, è stato portato al Bambino Gesù, ma le analisi svolte allo Spallanzani hanno escluso il contagio del coronavirus di Wuhan. La difficoltà dei controlli sta nel fatto che molti altri viaggiatori potrebbero tornare dalla Cina, ma passando per scali intermedi magari in Europa o in Medio Oriente.


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RIENTRO

L'altro fronte, per il quale anche ieri si sono susseguite riunioni che hanno coinvolto l'Unità di crisi della Farnesina e lo Spallanzani, è quello del complicato rimpatrio dei cinquanta italiana che si trovano nelle zone di Wuhan e delle altre città isolate: per fermare il contagio, le autorità cinesi hanno deciso che non si può né uscire, né entrare. L'Italia sta collaborando con Francia, Germania, Regno Unito, ma anche con il Giappone, per cooperare in una possibile operazione di evacuazione. Sarà su base volontaria, perché tra i nostri concittadini c'è chi lavora, ha un'attività commerciale, una famiglia a Hubei. E soprattutto è delicata la trattativa con la Cina che deve consentire a queste persone di lasciare la «zona rossa». Due i possibili piani: spostarle via terra in città cinesi non sottoposte a limitazioni, lasciarle lì in quarantena per quattordici giorni per poi riportarle in Europa; in alternativa, organizzare dei voli charter, magari insieme alle altre nazioni europee, e una volta ritornati in Italia mettere sotto sorveglianza sanitaria chi è rientrato. Ma ancora non c'è il via libera cinese. La Regione Lazio intanto ha allestito una task force, mentre è stato attivato un numero verde, il 1500, in cui medici di famiglia romani danno informazioni sul coronavirus. Leggi l'articolo completo su
Il Messaggero