Chanel, le influencer russe distruggono le borse in diretta Instagram

Nei giorni scorsi il brand francese ha deciso di vietare la vendita ai russi, facendo infuriare le modelle

La rivolta delle influencer russe contro Chanel continua. E dopo le parole di protesta per l'embargo, decine di loro sono passate ai fatti. Come? Riprendendosi mentre fanno a...

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La rivolta delle influencer russe contro Chanel continua. E dopo le parole di protesta per l'embargo, decine di loro sono passate ai fatti. Come? Riprendendosi mentre fanno a pezzi i capi firmati dal brand francese. Diverse modelle hanno postato i video, dove con forbici e coltelli tagliano in due borse da migliaia di euro accusando il marchio di «russofobia» e invitando le "colleghe" a fare lo stesso. 

 

 

La protesta

Marina Ermoshkina, 28 anni, conduttrice televisiva e attrice, ha espresso la sua indignazione e ha tagliato la sua borsa Chanel: «Non un singolo articolo o marchio vale il mio amore per la mia Patria e il rispetto di me stessa. Sono contro la russofobia e sono contro i marchi che sostengono la russofobia. Se possedere Chanel significa vendere la mia Patria, allora non ho bisogno di Chanel».

Ermoshkina ha esortato gli altri a strappare i loro prodotti, dicendo: «Per noi donne russe, avere Chanel non è significativo. Eravamo noi il volto di questo marchio. Fin dall'infanzia sognavamo di acquistare questa borsa». Come lei, anche la Dj russa Katya Guseva e la modella Victoria Bonya, che ha detto: «Devo dire che se Chanel House non rispetta i suoi clienti, perché dobbiamo rispettare Chanel? Ciao ciao».

Cosa è successo

Chanel ha vietato «la vendita, direttamente o indirettamente, di articoli di lusso a qualsiasi persona fisica, giuridica o entità nella Federazione Russa o per l'uso nella Federazione Russa, quindi ai clienti è stato chiesto «di confermare che i prodotti che acquistano non saranno utilizzati in Russia» si legge in una nota del brand. Le sanzioni commerciali sono attualmente in vigore per diversi grandi marchi, tra cui McDonald's e Coca Cola.

 

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Il Messaggero