Babysitter picchia selvaggiamente bimba che resta cieca, il giudice non la manda in carcere: «È depressa»

Ha ammesso di aver picchiato per mesi la bambina a cui faceva da babysitter, provocandole gravi danni cerebrali e fratture in tutto il corpo. Il giudice della High Court di...

OFFERTA SPECIALE

2 ANNI
159,98€
40€
Per 2 anni
SCEGLI ORA
OFFERTA MIGLIORE
ANNUALE
79,99€
19€
Per 1 anno
SCEGLI ORA
 
MENSILE
6,99€
1€ AL MESE
Per 6 mesi
SCEGLI ORA

OFFERTA SPECIALE

OFFERTA SPECIALE
MENSILE
6,99€
1€ AL MESE
Per 6 mesi
SCEGLI ORA
ANNUALE
79,99€
11,99€
Per 1 anno
SCEGLI ORA
2 ANNI
159,98€
29€
Per 2 anni
SCEGLI ORA
OFFERTA SPECIALE

Tutto il sito - Mese

6,99€ 1 € al mese x 12 mesi

Poi solo 4,99€ invece di 6,99€/mese

oppure
1€ al mese per 6 mesi

Tutto il sito - Anno

79,99€ 9,99 € per 1 anno

Poi solo 49,99€ invece di 79,99€/anno
Ha ammesso di aver picchiato per mesi la bambina a cui faceva da babysitter, provocandole gravi danni cerebrali e fratture in tutto il corpo. Il giudice della High Court di Glasgow ha però deciso di non punirla con il carcere, ma "solo" con 300 ore di lavoro non retribuito. Succede ad Arbroath, in Scozia, dove la 23enne Shannon Soutter si è resa protagonista di assurde violenze ai danni della bambina a cui badava per lavoro. Dopo averla picchiata da febbario ad aprile 2018, la piccola è finita in ospedale con gravi lesioni cerebrali e fratture a cranio, costole e caviglia. Secondo i medici la bimba rischia anche di restare cieca


LEGGI ANCHE: Babysitter stupra tre sorelline per due anni: condanna a 270 anni di carcere



Tuttavia, considerando i problemi di salute mentale della 23enne, la sua «storia di depressione», il giudice ha deciso di non punirla con il carcere perché non sarebbe stato «né appropriato, né necessario». Shannon Soutter se l'è cavata con 300 ore di lavoro non retribuito. Il giudice Turnbull ha così motivato la sentenza: «Penso che ci sia poco che la corte possa fare, a titolo di punizione, che sia maggiore di ciò che lei stessa si è imposta. Le circostanze sono così insolite che un certo grado di comprensione, e un po’ di misericordia, portano alla conclusione che non è né appropriato né necessario imporre una pena detentiva».
    Leggi l'articolo completo su
Il Messaggero