Modella protesta in passerella da Gucci, il perchè del gesto di Ayesha Tan Jones

La provocazione della modella di Gucci sulla salute mentale. Il perchè del gesto di Ayesha Tan Jones
Gucci e l'abitudine alla controversia. Non certo una novità. Tanto meno lo è per Alessandro Michele, direttore creativo del brand ormai dal 2015. E la sfilata...

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Gucci e l'abitudine alla controversia. Non certo una novità. Tanto meno lo è per Alessandro Michele, direttore creativo del brand ormai dal 2015. E la sfilata per la collezione primavera-estate 2020, presentata la scorsa settimana alla Milano Fashion Week, per il binomio Gucci-polemica non è stata un'eccezione. In parte, volutamente. In parte no o, almeno, non direttamente da Michele. 


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Partiamo dal concept per l'evento e per la collezione. Ambiente asettico, bianco abbagliante, illuminazione intensa e un tapis roulant verde al centro della stanza che diventa nastro trasportare per il corpo di modelli scelti da Gucci. L'inizio della sfilata sconvolge gli ospiti. Le modelle sono scalze, immobili, trasportate dal nastro. I look sono concettuali. Sessanta capi spaziano tra le tonalità di una palette che dal bianco spazia solo fino al beige, tutti richiamano il sentimento di costrizione, alternando divise e uniformi. Abiti imposti da un qualche soggetto controllore che è diverso da chi quel capo lo deve indossare, ovviamente non parte della collezione in vendita ma esibiti solamente a scopo narrativo-artistico. Quale scopo esattamente? La scelta si spiega unendo questa parte della sfilata con la seconda, la vera e propria presentazione della nuova collezione. Spazio ai colori, a forme e tessuti più morbidi e fluenti e agli accessori. Anche le modelle hanno ripreso a camminare. È il potere liberatorio della moda, è la scelta quotidiana del "cosa mi metto" che, in parte, ci definisce, ci rende unici. Non ci facciamo più trasportare dal tapis roulant ma siamo noi a muoverci, a colorarci con le nostre scelte.

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La parte più forte della sfilata, a livello scenico, è stata ovviamente la prima. Tra l'esercito di anime che volontariamente si erano private di se stesse, c'era anche Ayesha Tan Jones, in arte Yaya Bones, anche lei stretta in un outfit ispirato alla camicia di forza. Alla modella dal look androgino (non-binary, come lei stessa di definisce) la scelta di giocare con il tema della salute mentale però non è piaciuto per niente. E, provocatoria, ha deciso di farlo sapere a tutti, direttamente dal tapis roulant. 

   
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La modella, in un atto di ribellione non pianificato con Gucci, ha rivolto i palmi delle mani verso i fotografi, mostrando le scritte "Mental health is not fashion". Al gesto ha poi fatto seguito una lunga spiegazione su Instagram, dove la Jones ha chiarificato che: «Da attrice e modella ho vissuto in prima persona problemi con la salute mentale, così come è successo ad alcuni miei familiari o a persone a me care, che hanno sofferto di depressione, ansia, disordine bipolare o schizofrenia. Per questo trovo deleterio e privo di sensibilità da parte di un brand come Gucci usare questo tipo di immaginario per creare un momento fashion. Alludere ai pazienti degli istituti mentali usando delle camicie che ricordano quelle di forza, è un gesto di cattivo gusto. Mettere in passerella tali oggetti come se fossero degli accessori in un servizio di moda, usandoli per vendere vestiti in un sistema capitalista è volgare, privo di immaginazione e offensivo nei confronti dei milioni di persone colpiti da queste problematiche». La stessa Jones ha poi sottolineato che molti altri colleghi condividevano le sue posizioni.
   
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Gucci ha subito ribadito che l'intento non era minimamente quello di capitalizzare sopra un tema serio come quello della salute mentale, anche perchè, come già era stato stabilito, gli abiti della prima metà della sfilata non sarebbero mai andati in vendita. Insomma, era tutto for art's sake. E in ogni caso, dal piccolo incidente diplomatico tra Gucci e modella, tutti sembrano esserne usciti vincitori. Il brand è di nuovo sulla bocca di tutti, e la Jones ha attirato l'attenzione su un tema a lei caro. Nel post su Instagram ha anche taggato una lista di associazioni che si occupano di aiutare persone con disturbi mentale. Nomi che ora, sull'onda delle polemiche, hanno raggiunto una platea di utenti molto più ampia di quanto avrebbero fatto solitamente.  Leggi l'articolo completo su
Il Messaggero