Mille, diecimila, centomila aule ovunque: nelle piazze, nei parchi, nei giardini, nei musei e nei teatri. Se tutto riapre, ma le scuole no, allora portiamole all'aperto le...
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I sacrifici. «Abbiamo chiuso gli studenti in una bolla, seduti davanti agli schermi, come un problema da rimuovere - si legge nel Manifesto - Non è stata valutata alcuna ipotesi di sfruttare almeno una parte dei mesi estivi per far recuperare ai nostri figli un pò della scolarità perduta. Si è vagliata invece una improbabile modalità mista tra Didattica a distanza e presenza in classe tre giorni la settimana. Come se fare lezione davanti a un computer potesse sostituire il percorso educativo garantito dallo scambio umano di pensieri, emozioni e vita che può essere attuato solo con la presenza».
E invece, sostengono le mamme, non è troppo tardi per attrezzare, in accordo con il Miur, «spazi aperti per una scuola estiva, almeno fino al 15 luglio e almeno nei centri meno colpiti dall’epidemia, garantendo così al contempo la necessaria socialità ai ragazzi, il diritto alle ferie degli insegnanti e un aiuto concreto alle molte famiglie che non potranno permettersi di andare in vacanza né di pagare ai propri figli il centro estivo».
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No alla didattica a distanza, si legge nel manifesto, perché crea discriminazioni, non tutte le famiglie sono capaci di sostenere i figli in questo percorso, pesa soprattutto sulle donne e porta in prospettiva a una riduzione dei posti di lavoro.
Tutto dovrà cambiare, a cominciare dagli edifici scolastici. «Il concetto di scuola non potrà più essere legato all'edificio, ma dovrà essere esteso e diffuso: la città dovrà essere ripensata e fare spazio agli studenti. Musei, edifici civili e militari, associazioni di volontariato, circoli ricreativi, parrocchie, parchi». Il manifesto chiede anche un piano di assunzioni di docenti e personale Ata, per consentire la gestione degli studenti a piccoli gruppi ed eventualmente su più turni. Leggi l'articolo completo su
Il Messaggero