Professionisti dell'inclusione. Dovranno aiutare a superare le discriminazioni sul lavoro e nella società, contrastare i pregiudizi e il gender gap. Saranno formati...
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«É un esempio unico in Italia sia per il titolo “universitario” di primo livello, riconosciuto e spendibile a tutti gli ambiti, per esempio nei concorsi pubblici», spiega Marina Brollo, professoressa ordinaria di Diritto del lavoro e direttrice del Master Mind all'università di Udine. «Sia per i contenuti multidisciplinari che amalgamano le competenze giuridiche alla conoscenza delle soft skill, con speciale riguardo alle dinamiche dei gruppi e alla comunicazione. Il corso intende formare una nuova figura di consulenza. E di farlo in un settore in grande espansione, poiché la sfida delle imprese e delle pubbliche amministrazioni, è di includere le diversità».
Il master dell'università di Udine si occuperà ovviamente anche di donne. «Le discriminazioni di genere costituiscono il principale modello di riferimento», aggiunge la docente. «Con il persistere nel mondo del lavoro di pregiudizi e stereotipi, rischiamo di sprecare e perdere talenti preziosi: quelli delle donne. Ci vogliono, quindi, azioni positive e servizi accessibili per promuovere la presenza delle donne a tutti i livelli. Specie quelli di quelli di vertice, come sta dimostrando la politica e la governance europea». Necessari, secondo la direttrice del master, anche interventi legislativi. «In particolare, sarebbe opportuna una proroga e un allargamento dell’ambito di azione della legge Golfo Mosca sulle quote di genere. Legge molto efficace, ma purtroppo prossima alla scadenza, con pericolosi rischi di arretramento sul fronte della leadership femminile».
In Italia sta crescendo un clima di intolleranza, amplificato dal web. Cosa si può fare per contrastarlo? «Come vogliamo testimoniare con il master Mind, la formazione per l’inclusione è una leva “mite” ma fondamentale per arricchire il patrimonio di pensiero e di capacità di aziende e istituzioni. L’università può quindi dare una mano a coltivare l’apertura alle diversità. Perseguendo, nel contempo, un obiettivo culturale, di civiltà e di lotta alle varie forme di discriminazioni vietate da una pluralità di norme sia europee sia nazional»i. Leggi l'articolo completo su
Il Messaggero