Ripartire dopo il fallimento. Superare la vergogna e la depressione, per ricominciare. L'idea di sostenere gli imprenditori costretti a chiudere l'attività, in...
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“Ripartenze” è la prima associazione che promuove una «cultura positiva del fallimento», non più sinonimo di incompetenza, ma momento di crescita personale e professionale. Agisce come una task force composta da coach, professionisti, manager, specialisti di diversi settori impegnati a sostenere e accompagnare l'imprenditore nella fase successiva alla chiusura dell'attività. In Italia, sono circa 100.000 all'anno le attività costrette a chiudere tra fallimenti, procedure concorsuali e liquidazioni volontarie (dati Cerved) con un impatto sociale devastante.
«Quando un progetto fallisce - sottolinea la nuova onlus - l'esperienza e l'intelligenza creativa che ne avevano permesso la nascita sono travolti da senso di colpa, angoscia, paure e vergogna. Bisogna ripartire dall'elemento fondamentale: le persone, stimolando uno stato di resilienza attraverso la comprensione e il superamento del fallimento. Inoltre, è importante che i giovani si avvicinino a questo tema con un approccio diverso, dato che circa l'80% delle start up è destinato a chiudere nei primi due anni di vita». L'associazione si ispira al successo della francese “60.000 Rebonds”, il percorso di supporto è gratuito e dura 12 mesi, il tempo per ricostruire un progetto di business. Il progetto nasce parte da Treviso e punta a partnership con altre realtà professionali e al dialogo con associazioni imprenditoriali, università, hub e incubatori d'impresa. Leggi l'articolo completo su
Il Messaggero