Donne vittima di violenza, assegnate due case confiscate alla mafia

Due case assegnate alle donne vittime di violenza
Appartamenti confiscati alla mafia assegnati a due donne vittime di violenza. Il Comune di Reggio ha risposto all'appello che nel novembre scorso l'osservatorio regionale...

OFFERTA SPECIALE

2 ANNI
159,98€
40€
Per 2 anni
SCEGLI ORA
OFFERTA MIGLIORE
ANNUALE
79,99€
19€
Per 1 anno
SCEGLI ORA
 
MENSILE
6,99€
1€ AL MESE
Per 6 mesi
SCEGLI ORA

OFFERTA SPECIALE

OFFERTA SPECIALE
MENSILE
6,99€
1€ AL MESE
Per 6 mesi
SCEGLI ORA
ANNUALE
79,99€
11,99€
Per 1 anno
SCEGLI ORA
2 ANNI
159,98€
29€
Per 2 anni
SCEGLI ORA
OFFERTA SPECIALE

Tutto il sito - Mese

6,99€ 1 € al mese x 12 mesi

Poi solo 4,99€ invece di 6,99€/mese

oppure
1€ al mese per 6 mesi

Tutto il sito - Anno

79,99€ 9,99 € per 1 anno

Poi solo 49,99€ invece di 79,99€/anno
Appartamenti confiscati alla mafia assegnati a due donne vittime di violenza. Il Comune di Reggio ha risposto all'appello che nel novembre scorso l'osservatorio regionale sulla violenza di genere, avevano rivolto ai Comuni calabresi di garantire ospitalità alle donne che sono costrette a lasciare la propria casa insieme ai figli ed a chiedere  sostegno alle case rifugio che spesso non hanno posti disponibili. Il primo a rispondere è stato il Comune di Reggio grazie all'iniziativa della consigliera delegata ai beni confiscati Nancy Iachino che ha definito con il dirigente Daniele Piccione l'iter che ha portato all'assegnazione di due appartamenti confiscati alla mafia a due donne vittime di violenza con figli minori.


Il bisogno di ospitalità  per queste donne cresce ogni giorno, grazie all'aumento delle denunce di violenza. «I beni confiscati che i vari comuni stanno acquisendo, compresa la Città metropolitana di Reggio Calabria - propongono Mario Nasone e Giovanna Cusumano, dell'osservatorio regionale sulla violenza di genere - potrebbero essere destinati anche a progetti di semi autonomia, già sperimentati in altre regioni, per tutte quelle donne accolte nella case rifugio o seguite dai centri anti violenza che dopo il periodo di emergenza potrebbero, sapendo di potere usufruire di un alloggio e del sostegno di associazioni di volontariato e di cooperative sociali , iniziare un percorso di inserimento lavorativo e sociale. Una scelta di politica sociale che permetterebbe tra l'altro di liberare posti di accoglienza nelle strutture spesso sature e soprattutto di alleviare i costi psicologi e sociali che le donne che fanno queste scelte dolorose devono affrontare». 
Leggi l'articolo completo su
Il Messaggero