La volontaria Cisom: «Così, a 64 anni, ho sfidato il Covid nella zona rossa»

Tre mesi vissuti di corsa, tra ansie, paure, speranze e il confronto e il sostegno anche con i cittadini di Giove durante la zona rossa. «Non ci siamo fatti mancare...

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Tre mesi vissuti di corsa, tra ansie, paure, speranze e il confronto e il sostegno anche con i cittadini di Giove durante la zona rossa. «Non ci siamo fatti mancare nulla». Risponde così

Graziella Fabrizi, capo del gruppo Cisom Terni-Amelia, a chi le chiede di tirar le somme su questi tre mesi di emergenza Coronavirus. E non si può fare a meno di darle ragione quando inizia a snocciolare la valanga di servizi che sin dal primo giorno il suo gruppo di volontari ha erogato (e sta ancora erogando ndr) a supporto della comunità. Dalla consegna dei pacchi alimentari, oltre 300 solo ad Amelia nel mese di maggio, ai servizi al mercato, alla stazione di Terni, al tribunale. Per non parlare dei servizi di pre-triage di fronte agli ospedali. Caschetto biondo, occhi azzurri, questa ragazzina di 64 ormai da dieci tiene saldamente il timone di un gruppo di circa 90 volontari. «All'inizio - racconta- mi sono iscritta al gruppo di Terni perchè quello di Amelia non esisteva ancora. Ho sempre avuto la vocazione all'aiuto per gli altri e quando le mie due figlie sono cresciute ho voluto convogliare l'energia che avevo da spendere nel volontariato. Perchè io - precisa - sono per la legge dei più deboli». E di energia Graziella ne ha da vendere. Tanto che dopo solo un paio d'anni di permanenza nel Cisom. diventa referente per il gruppo di Terni e responsabile per il neonato di Amelia.  Dal Coc, il centro operativo del Comune di Amelia, la sua nuova casa negli ultimi novanta giorni, Graziella organizza, gestisce e amministra servizi e personale. «In queste ultime settimane -ammette- ho qualche grattacapo con l'organizzazione dei turni. In tanti hanno duvto tornare al lavoro e questo a volte crea qualche buco. Fortunatamente c'è sempre qualche volontario che si offre per un turno doppio». Ed è lì che ci riceve per provare a raccontare «perchè -come dice lei- se non lo provi sulla pelle non si può capire fino in fondo» quel che ha significato vivere in prima linea questa pandemia. E insieme ai fatti, tanti, vengono fuori le lacrime perchè «le emozioni in questo lavoro -spiega- sono la parte più difficile. Quella che devi cercare di tenere a bada, almeno fino a che non finisci il turno». 

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«Quello che inizio ad accusare è la mancanza dei miei nipotini. Come era giusto, durante la pandemia non li ho mai visti. Il giorno prima di Pasqua è stato terribile. Gli avevo comprato delle uova e loro volevano corrermi incontro per abbracciarmi invece li ho dovuti allontanare». Da capo del Cisom con che spirito ha affrontato questa pandemia? «Quando il Presidente Conte ha comunicato la seconda chiusura, quella totale, ho avuto paura. Mi sono sentita addosso una responsabilità più grande di me. Poi, come sempre, ci siamo rimboccati le maniche ed eccoci qui». Fra i tanti servizi che il gruppo sta erogando alla comunità, qual è quello più impegnativo? «Sicuramente quello di pre triage davanti all'ospedale di Amelia. Soprattutto perchè all'inizio non c'erano delle linee guida unitarie, cambiavano improvvisamente. Anche più volte al giorno. Abbiamo vissuto momenti veramente difficili. Tre mesi di emergenza sono tanti.  E ci sono stati momenti difficili come il periodo di zona rossa di Giove. Noi avevamo l'incarico di fare la spesa di generi alimentari per le famiglie in isolamento. Sono state settimane di grande tensione. Poi quando hanno iniziato ad emergere i casi positivi ad Amelia. Sull'onda dell'andamento a livello nazionale, avevamo paura che si sarebbero moltiplicati in poco tempo. Fortunatamente non è stato così». A livello personale come hai vissuto questo periodo? «Io sono forte, ma umana. Qualche settimana fa ho avuto un momento di crisi sicuramente causato dallo stress e dal peso delle responsabilità che mi porto addosso 24 ore su 24. Sono ricorsa al medico e mi sono rimessa in carreggiata. Per fare al meglio il proprio lavoro è importante saper chiedere aiuto, quando serve. Il momento più positivi? Quando siamo risultati tutti negativi al tampone. Me compresa.Per me è stata la conferma che nonostante la pressione e le difficoltà siamo riusciti ad organizzarci e abbiamo lavorato bene. Avanti così».


 
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Il Messaggero