L’solamento per fronteggiare il coronavirus rischia di far aumentare le violenze in casa. Come è accadto in Cina da dove giungono dati preoccupanti. Dal 6 marzo,...
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I centri antiviolenza a Conte, la quarantena porterà ad un aumento di abusi sulle donne in casa
Secondo la Federazione delle donne cinesi, le statistiche parlano chiaro: a fronte di un 25 per cento stimato di vittime di violenza domestica, i tribunali ricevono soltanto 50mila denunce l’anno. Davvero poche rispetto ai 1.500 milioni di abitanti.
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I centri anti-violenza in Italia hanno già lanciaro l'allarme: la "clausura" mette a rischio violenza molte donne. Di.Re, donne in rete contro la violenza ha inviato nei giorni scorsi una lettera al ministro per le pari opportunità e la famiglia Elena Bonetti in cui si chiede di «attivare una sezione specifica dedicata alla prevenzione e al contrasto della violenza di genere nella pagina con Faq creata dal Dipartimento, in modo che le donne sappiano con certezza che possono sempre trovare supporto se hanno bisogno di sottrarsi alla violenza, mentre molte credono che i centri antiviolenza siano chiusi».
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«I centri antiviolenza e le case rifugio, come moltissimi altri presidi sociali collettivi, a cominciare dalle strutture che accolgono donne richiedenti asilo e rifugiate con cui anche D.i.Re lavora, non sono stati dotati di alcuna strumentazione per far fronte all’emergenza, a partire dalle mascherine ormai praticamente introvabili e necessarie alle operatrici che devono continuare a svolgere il loro lavoro», si legge nella lettera inviata alla ministra.
«Per questo abbiamo chiesto aiuto a Unhcr - racconta Antonella Veltri, presidente di Di.Re - desta inoltre preoccupazione la difficoltà a fare nuove accoglienze per le donne che necessitano di protezione immediata. Non sono stati fino ad oggi previsti meccanismi di finanziamento specifici per l’emergenza, in particolare per individuare strutture ad hoc nelle quali accogliere le donne per la necessaria quarantena prima dell’inserimento in casa rifugio qualora dovessero presentare sintomi riconducibili al Covid-19, o per gestire la separazione dei nuclei accolti in casa rifugio qualora dovessero emergere casi di contagio da coronavirus». Leggi l'articolo completo su
Il Messaggero