Pesaro, base jumper morto Sotto accusa la tuta alare

Pesaro, base jumper morto Sotto accusa la tuta alare
PESARO - Leonardo Piatti potrebbe aver indossato una tuta alare non adatta per quel tipo di volo. È quanto sta emergendo dalle verifiche condotte dai Carabinieri della zona di...

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PESARO - Leonardo Piatti potrebbe aver indossato una tuta alare non adatta per quel tipo di volo. È quanto sta emergendo dalle verifiche condotte dai Carabinieri della zona di Dro e Riva del Garda, in Trentino Alto Adige, sull’incidente di domenica scorsa, nel quale il pesarese Leonardo Piatti di 39 anni, base jumper esperto, ha perso la vita lanciandosi dalla cima del Monte Brento, il Becco dell’Aquila, a 1200 metri di altezza. Piatti, nel suo volo, a circa 400 metri da terra, all’altezza delle Placche Zebrate, si è reso conto di essere troppo basso rispetto alla traiettoria normale. E ha aperto il paracadute, ma purtroppo non è riuscito ad evitare l’impatto con le rocce.




Gli inquirenti stanno cercando di chiarire se il tipo di tuta indossata dall’uomo, possa avere in qualche modo condizionato il suo salto, finito in tragedia. La salma del 39enne ieri era ancora nella camera mortuaria di Dro, e sicuramente ci resterà anche nella giornata odierna. A Pesaro, intanto, ieri il quartiere di Trebbiantico, dove l’uomo viveva, è stato avvolto da un grande dolore. Sposato pochi anni fa con la moglie Linda, i due (che non avevano figli), risiedevano in via dei Salici, in un’abitazione costruita, stando a quanto hanno raccontato alcuni vicini, nemmeno un anno fa. Poco più in là, sempre a Trebbiantico, vivono i genitori del jumper, in strada Ghetto di Trebbiantico. «Era un ragazzo serio, molto scrupoloso - lo ricorda Daniele Malandrino, amico dei genitori - dedito al lavoro (era dipendente di Società Autostrade, ndr) e con questa passione sportiva legata a discipline estreme». «Lo ricordo come un ragazzo solare, sempre con il sorriso, lo conoscevo ormai da tempo - ha detto ieri Roberto Biagiotti, ex consigliere comunale, vicino di casa di Piatti a Trebbiantico -. La nostra non era solo una conoscenza da vicini di casa, ma sicuramente un po’ più approfondita, quasi degli amici. Quando ho saputo l’accaduto sono rimasto piuttosto male. Un ragazzo volenteroso, non l’ho mai visto con le mani in mano, era sempre indaffarato a fare qualcosa. Per una sciocchezza, anche se non voglio entrare nella dinamica dell’incidente, purtroppo oggi non è più con noi». Leggi l'articolo completo su
Il Messaggero