Fiscopoli a Pesaro, chiesti 36 anni e 51 milioni di danni agli imputati

Fiscopoli a Pesaro, chiesti 36 anni e 51 milioni di danni agli imputati
PESARO - Alle battute finali anche l'ultima tranche di Fiscopoli, l'inchiesta che aveva provocato un terremoto all'interno della quarta sezione della commissione...

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PESARO - Alle battute finali anche l'ultima tranche di Fiscopoli, l'inchiesta che aveva provocato un terremoto all'interno della quarta sezione della commissione tributaria provinciale. Sezione travolta dallo scandalo delle tangenti per la compravendita di sentenze "taroccate", favorevoli ai ricorrenti.


I pm Maria Letizia Fucci e Monica Garulli, dopo sei lunghe ore di requisitoria, hanno presentato le loro richieste di pena ai giudici del collegio (presidente Paolo Giombetti e a latere Paolo De Luca e Lorenzo Pini). Richiesta esemplare di 14 anni e 8 mesi di reclusione per Bruno Venturati, l'ex giudice non togato della quarta sezione per 12 episodi in tutto di corruzione e concussione (difeso dall'avvocato Paola Righetti, già condannato per il primo processo Fiscopoli a 8 anni e 3 mesi). Poi, 5 anni e 8 mesi per corruzione all'imprenditore Antonio Venturini (difeso dall'avvocato Giovanni Orciani), 4 anni a testa per truffa aggravata ai danni dello Stato ai giudici non togati della quarta sezione Sergio Pretelli e Giancarlo Polidori (difesi dall'avvocato Paolo Di Loreto), 4 anni per corruzione al commercialista Antonio Magnotta (difeso dall'avvocato Umberto Levi e dal professore Filippo Sgubbi del Foro di Bologna) e 3 anni e 8 mesi per corruzione a Stefano Eusebi (assistito dal professore Lucio Monaco e dall'avvocato Andrea Casula). In tutto più di 36 anni per i sei imputati che hanno tutti scelto di essere processati con rito ordinario. Dopo la requisitoria delle pm, ha preso parola il legale dell'Avvocatura dello Stato che rappresenta la parte civile, ovvero il Ministero delle Finanze. Ben 51 milioni di euro il conto presentato dal legale del Dicastero, che in caso di condanna gli imputati dovrebbero pagare in solido.



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Il Messaggero