«Volo come una farfalla, pungo come un’ape… D’altronde, sono così veloce da poter spegnere la luce e mettermi a letto prima che la stanza diventi...
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«Se la vita di ognuno di noi finisce per essere un combattimento contro il mondo e i fantasmi che ci portiamo dietro, quella di Cassius Clay – l’uomo che volle diventare Muhammad Ali – può essere raccontata in otto riprese, tante quanti i round che gli furono necessari per battere George Foreman nel match più importante della sua carriera, e forse della storia della boxe. Dalla Louisville dei primi passi a quella delle esequie planetarie, il suo finisce per essere il racconto vincente e doloroso della storia recente degli Stati Uniti e di un percorso culturale che riguarda, in fondo, anche tutti noi. Ma talento e convinzioni non bastano per spiegare la genesi di un campione grande e imperfetto, diventato simbolo di lotte civili e totem di diverse generazioni. Dietro c’è anche altro, probabilmente quello che, nel giorno del funerale, Belinda, una delle sue ex mogli, ha sintetizzato così: «Aveva un disperato bisogno di essere amato». Quanto basta perché milioni di persone, da quel giorno, abbiano potuto dire: anche io sono Muhammad Ali». Leggi l'articolo completo su
Il Messaggero