Neurochirurgia, vetrina internazionale per i lavori dell'ospedale "Goretti" di Latina

Il neurochirurgo Gianpaolo Petrella
Lavori svolti al Santa Maria Goretti che finiscono come esempi in congressi internazionali. Non è la prima e fortunatamente non sarà l'ultima volta. Recenti...

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Lavori svolti al Santa Maria Goretti che finiscono come esempi in congressi internazionali. Non è la prima e fortunatamente non sarà l'ultima volta. Recenti appuntamenti a Bologna e a Napoli, hanno riguardato l'idrocefalo normoteso. Una patologia nella quale Gianpaolo Petrella, neurochirurgo in servizio al Goretti, è specializzato e ha svolto sei lavori di ricerca scientifica tra l'ospedale pontino, l'università cattolica del Sacro Cuore, Cambridge e Tor Vergata.


Fino ad arrivare all'intervento chirurgico - primo del genere al mondo - su un paziente con sindrome di down. «In letteratura - spiega il medico - non ci sono precedenti. Si è presentata una situazione particolare e si è deciso di intervenire». Ma cos'è l'idrocefalo normoteso? Una forma di demenza che, a differenza di Parkinson e Alzheimer è curabile con la chirurgia. Il paziente presenta demenza, incontinenza urinaria e difficoltà di deambulazione e oggi con il Test di infusione un'apparecchiatura in grado di eseguire un esame in modo rapido e preciso si può diagnosticare la patologia e intervenire. Restituendo una qualità di vita praticamente normale.

Ma non è tutto, perché ormai da un paio d'anni quando è necessario ridurre la pressione intracranica rimuovendo - per fare spazio al cervello - la scatola cranica, dopo il miglioramento non si ricorre più a costose protesi ma si riutilizza il tessuto osseo dei pazienti. Riducendo i rischi di infezione in attesa delle protesi. Nel congresso di Napoli Petrella ha illustrato i dati raccolti sulla crio - conservazione dell'opercolo osseo rimosso. Risultato? «Nel momento in cui il paziente è pronto per essere rioperato basterà una semplice richiesta e dal giorno dopo sarà a disposizione». Un metodo che riduce i costi per le protesi (risparmiati circa 200.000 euro), tempi di degenza e soprattutto rischi.
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Il Messaggero