Neurochirurgia, Latina "chiama" Cambridge: pubblicati due studi sull'idrocefalo normoteso

Neurochirurgia, Latina "chiama" Cambridge: pubblicati due studi sull'idrocefalo normoteso
Un ospedale che continua a funzionare, nonostante il Covid 19, e vede pubblicare i propri lavori scientifici. Due quelli della neurochirurgia: il primo dal titolo “Cortical...

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Un ospedale che continua a funzionare, nonostante il Covid 19, e vede pubblicare i propri lavori scientifici. Due quelli della neurochirurgia: il primo dal titolo “Cortical metabolic changes and clinical outcome in normal pressure hydrocephalus after ventriculoperitoneal shunt: our preliminary results” è in pubblicazione su lla “Revista Española de Medicina Nuclear e Imagen Molecular”. Il secondo, invece “Shunt infusion studies: impact on patient outcome, including health economics” sulla rivista “Acta Neurochirurgica”.



Il primo studio è stato coordinato da Gianpaolo Petrella, neurochirurgo al “Santa Maria Goretti” di Latina, in collaborazione con i colleghi della medicina nucleare, del Dipartimento di biomedicina e prevenzione dell’Università di Tor Vergata, di quelli del dipartimento di Neuroscienze dell’università di Cambridge, del San Raffaele di Cassino e del dipartimento di Elettronica, informatica e bioingegneria del Politecnico di Milano. «I pazienti con il sospetto di essere affetti da idrocefalo normoteso, una malattia che per i suoi sintomi viene spesso confusa con Parkinson o Alzheimer, ma a differenza di queste si può curare, sono stati sottoposti presso il reparto del Goretti, a test di infusione e poi ad intervento neurochirurgico di derivazione ventricolo peritoneale». Cioè l’inserimento di un mini catetere che consente il normale deflusso del “liquor”. «I miglioramenti clinici di questi pazienti sono stati documentati attraverso la comparazione dei risultati ottenuti ai test neuropsicologici, all’analisi dei vari parametri della marcia e del metabolismo cerebrale mediante l’esecuzione della Pet prima e dopo l’intervento chirurgico». Questo ha consentito di confermare l’importanza del test di infusione «come strumento di screening in questi pazienti e come, al miglioramento delle condizioni cliniche, si associ anche un miglioramento del metabolismo cerebrale rendendo così auspicabile il riconoscimento e il trattamento di questa patologia».



Il secondo studio nasce dalla collaborazione con l’Università di Cambridge e analizza in maniera specifica l’utilità del test di infusione. «Questa metodica non solo permette una diagnosi differenziale tra Idrocefalo Normoteso, Alzheimer o Parkinson ma anche di capire se il sistema impiantato funziona in maniera corretta oppure no, evitando re-interventi inutili». Cosa che ha anche un beneficio economico: «Abbiamo calcolato come l’esecuzione di questo test abbia permesso di risparmiare, all’Università di Cambridge, circa 945.415 sterline l’anno». 


Vedi anche »Neurochirurgia, vetrina internazionale per i lavori dell'ospedale "Goretti" di Latina

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Il Messaggero