Da Latina all'Antartide: missione estrema per il biologo marino Armando Macali

Armando Macali in Antartide
Da Latina all'Antardide. E' la missione che ha portato Armando Macali alla fine del mondo: prima in aero fino a Christchurch in Nuova Zelanda, poi dal porto di Lyttelton a...

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Da Latina all'Antardide. E' la missione che ha portato Armando Macali alla fine del mondo: prima in aero fino a Christchurch in Nuova Zelanda, poi dal porto di Lyttelton a bordo dell'Italica, la nave rompighiaccio della Marina militare italiana con cui i membri della XXXI spedizione ItaliAntardide dell'Enea hanno raggiunto il 31 dicembre scorso la stazione Mario Zucchelli nella Baia Terra Nova dove si svolgerà la Campagna estiva del programma nazionale di ricerche in Antartide (perché nell'emisfero boreale in questo periodo è estate).


La voce di Armando Macali arriva con qualche secondo di ritardo dal telefono satellitare. «Sono qui per un progetto dell'Università della Tuscia per campionare organismi marini, pesci e crostacei e raccogliere materiale per fare indagini genetiche e fisiologiche studiando particolari parassiti associati a questi organismi così da ottenere indicatori sul network ecologico. A bordo di una piccola imbarcazione opereremo con reti da pesca e coffe di profondità per catturare organismi a profondità superiori ai 100 metri. Speriamo anche di trovare nuove specie non descritte». Armando Macali è un biologo marino, ha 33 anni, si è laureato a Roma Tre e adesso sta svolgendo il dottorato di ricerca in Ecologia e Gestione delle risorse biologiche presso l'Università della Tuscia. Nelle foto postate su Facebook sta già spopolando, non solo tra i suoi amici, il selfie con i pinguini che trotterellano alle sue spalle, o quello scattato sull'Italica davanti a un paesaggio di ghiacci sconfinati. 

Il viaggio non è stato semplice. «Qui lo scioglimento dei ghiacci è in ritardo e questo ha creato non pochi problemi - racconta - siamo arrivati alla Baia Terranova in ritardo di 4 giorni». All’altezza del 60° parallelo ha passato 4 giorni «in un contesto surreale, solo nebbia e ghiacci - racconta - la situazione a bordo era molto tesa, quando si resta per giorni e giorni vedendo solo ghiaccio intorno di prese la cognizione del tempo e dello spazio, anche perché il sole non tramonta mai, si ha l’impressione di essere nello stesso posto e alla stessa ora». Superare la barriera dei ghiacci non è stato semplice, tanto da far temere alla spedizione di dover tornare indietro. Poi la rompighiaccio è riuscita a passare e a puntare verso la Baia Terranova.

«Siamo alloggiati presso la stazione Mario Zucchelli e resterò qui 40 giorni per poi tornare con un volo militare americano», spiega il biologo pontino. Non è la prima volta che si trova ad operare in condizione estreme. Ho avuto altre esperienze sul mar bianco, in Russia. Ma questa è sicuramente la più estrema». La cosa che al momento l’ha colpito di più è il passaggio, durante la navigazione, dal susseguirsi di giorni e notti alla scomparsa della notte. «Pensavo fosse un passaggio progressivo - racconta - invece è stato come uno scatto immediato, intorno al 60° parallelo. Ad un tratto avevamo a destra la luna all’orizzonte e dall’altra parte il sole pieno e in mezzo una linea netta che divideva giorno e notte. Da quel momento in poi il sole è rimasto lì a galleggiare nel cielo senza mai scendere».


Poi intorno al 63° parallelo «abbiamo incrociato la rotta di grandi cetacei marini». Alla fine dell’anno poi l’arrivo in Antartide e il via al lavoro di ricerca in un ambiente «dove le temperature oscillano tra zero gradi e meno dieci ma dove i venti che soffiano lungo la costa anche a 100 chilometri orari possono farla abbassare a meno 25». Leggi l'articolo completo su
Il Messaggero