La voce di Armando Macali arriva con qualche secondo di ritardo dal telefono satellitare. «Sono qui per un progetto dell'Università della Tuscia per campionare organismi marini, pesci e crostacei e raccogliere materiale per fare indagini genetiche e fisiologiche studiando particolari parassiti associati a questi organismi così da ottenere indicatori sul network ecologico. A bordo di una piccola imbarcazione opereremo con reti da pesca e coffe di profondità per catturare organismi a profondità superiori ai 100 metri. Speriamo anche di trovare nuove specie non descritte». Armando Macali è un biologo marino, ha 33 anni, si è laureato a Roma Tre e adesso sta svolgendo il dottorato di ricerca in Ecologia e Gestione delle risorse biologiche presso l'Università della Tuscia. Nelle foto postate su Facebook sta già spopolando, non solo tra i suoi amici, il selfie con i pinguini che trotterellano alle sue spalle, o quello scattato sull'Italica davanti a un paesaggio di ghiacci sconfinati.
Il viaggio non è stato semplice. «Qui lo scioglimento dei ghiacci è in ritardo e questo ha creato non pochi problemi - racconta - siamo arrivati alla Baia Terranova in ritardo di 4 giorni». All’altezza del 60° parallelo ha passato 4 giorni «in un contesto surreale, solo nebbia e ghiacci - racconta - la situazione a bordo era molto tesa, quando si resta per giorni e giorni vedendo solo ghiaccio intorno di prese la cognizione del tempo e dello spazio, anche perché il sole non tramonta mai, si ha l’impressione di essere nello stesso posto e alla stessa ora». Superare la barriera dei ghiacci non è stato semplice, tanto da far temere alla spedizione di dover tornare indietro. Poi la rompighiaccio è riuscita a passare e a puntare verso la Baia Terranova.
«Siamo alloggiati presso la stazione Mario Zucchelli e resterò qui 40 giorni per poi tornare con un volo militare americano», spiega il biologo pontino. Non è la prima volta che si trova ad operare in condizione estreme. Ho avuto altre esperienze sul mar bianco, in Russia. Ma questa è sicuramente la più estrema». La cosa che al momento l’ha colpito di più è il passaggio, durante la navigazione, dal susseguirsi di giorni e notti alla scomparsa della notte. «Pensavo fosse un passaggio progressivo - racconta - invece è stato come uno scatto immediato, intorno al 60° parallelo. Ad un tratto avevamo a destra la luna all’orizzonte e dall’altra parte il sole pieno e in mezzo una linea netta che divideva giorno e notte. Da quel momento in poi il sole è rimasto lì a galleggiare nel cielo senza mai scendere».
Poi intorno al 63° parallelo «abbiamo incrociato la rotta di grandi cetacei marini». Alla fine dell’anno poi l’arrivo in Antartide e il via al lavoro di ricerca in un ambiente «dove le temperature oscillano tra zero gradi e meno dieci ma dove i venti che soffiano lungo la costa anche a 100 chilometri orari possono farla abbassare a meno 25».
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