Adesso è proprio lassù, che ci guarda dal crinale come l’uomo scarmigliato dipinto da Caspar David Friedrich, l’immagine che aveva scelto per la...
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Perché lui era così. Un visionario. Se poi si pensa che ha costruito tutto questo per hobby abbiamo la misura delle sue capacità. Cerocchi infatti era prima di tutto un architetto. E che architetto. Anche nel suo lavoro, proprio come con la musica, quando ammirava qualche collega prendeva l’aereo e andava a conoscerlo. In Francia. In America. E ovviamente ne tornava accresciuto. Professionalmente e personalmente. E subito rimetteva in circolo quanto aveva assimilato. Un lavoro continuo, ma mai urlato. Perché era un uomo umile, convinto chè sì è importante «portare mille persone a teatro con nomi famosi, ma conta di più far crescere l’interesse alla musica in questa città». Che era, è giovane. E che doveva essere ambiziosa. «Guardi, forse mi sbaglio ma io non sono così pessimista - diceva un un'intervista di vent’anni fa - vedo Latina proiettata verso un futuro di crescita e di grandi mete». Ora ci ha passato il testimone.
L’architetto lascia la moglie Maria Teresa, da sempre al suo fianco, i figli Paola, Maria Antonietta, Elisa e Roberto, i nipoti, e tutti i collaboratori di studio e del Campus che lo hanno considerato molto più di un maestro. I funerali saranno celebrati nella cattedrale San Marco lunedì 30 ottobre alle 10. Leggi l'articolo completo su
Il Messaggero