MILANO Stamane alle dieci i primi due degenti del Trivulzio sono stati preparati: mascherina, cuffia, camice, sovrascarpe, guanti. Stessa dotazione fornita ai parenti, che per la...
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LE PROCEDURE
Qui alla Baggina sono ospitati 800 pazienti, al momento 50 sono positivi al Covid-19 e isolati in alcuni reparti. Il virus, nelle fasi più dure della pandemia, ha fatto una strage: 350 decessi, con un tasso di mortalità superiore del 40% rispetto al medesimo periodo di un anno fa. Motivo per cui la Procura di Milano ha aperto un’inchiesta per epidemia e omicidio colposi che coinvolge anche altre Rsa lombarde. Per i famigliari sono stati mesi di angoscia, chiedono giustizia ma vogliono anche poter rivedere i loro cari.
Primi della lista sono i degenti più anziani e fragili, date le condizioni particolari della vestizione uno psicologo decide chi è in grado di affrontare la procedura. «Alcuni di loro non sono stati ritenuti ideonei», spiega il virologo e consulente del Trivulzio Frabrizio Pregliasco.
L’INCONTRO
Giancarlo Privitera ha la mamma ricoverata e ha trascorso settimane di grande paura. A metà aprile l’anziana «era apatica in un letto, non parlava e rifiutava cibo e acqua. Ho dovuto insistere affinché le venisse fatta una flebo. Mi sembrava di assistere alla cronaca di una morte annunciata». Anche Laura Frailich ha la mamma al Trivulzio e il suo unico contatto è una viodeo chiamata alla settimana. «La preoccupazione è stata tanta. Non sapere in che condizioni fosse quando infuriava l’epidemia, l’impatto psicologico dell’isolamento. Quando potrò vederla? Non lo so ancora purtroppo, aspetto la telefonata dalla struttura».
Antonio e Piccarda sono i primi a uscire dopo l’incontro e hanno ancora le lacrime agli occhi. «E’ stato bello, un sollievo dopo tutta questa sofferenza - raccontano - Eravamo in giardino, sotto un gazebo, con i fiori freschi e il caffè». Anche questo è un passo in più verso la vita. Leggi l'articolo completo su
Il Messaggero