Trivulzio, i pazienti riabbracciano i famigliari: fiori freschi e caffè in giardino

Trivulzio, i pazienti riabbracciano i famigliari: fiori freschi e caffè in giardino
di Claudia Guasco
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Lunedì 22 Giugno 2020, 14:19

MILANO Stamane alle dieci i primi due degenti del Trivulzio sono stati preparati: mascherina, cuffia, camice, sovrascarpe, guanti. Stessa dotazione fornita ai parenti, che per la prima volta dopo tre mesi possono incontrare i loro cari. «Noi famigliari siamo un po’ in ansia, temiamo che non ci riconoscano nemmeno»,  riflette la figlia di un’anziana ricoverata. «Sono misure sperimentali, ci sono moltissime cautele che sicuramente comporteranno difficoltà nel contatto reale. Anche la prudenza deve essere adottata con misura», afferma Fabio Scottà, vice presidente dell’Associazione Felicita, che riunisce i parenti delle vittime del Trivulzio.

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LE PROCEDURE
Qui alla Baggina sono ospitati 800 pazienti, al momento 50 sono positivi al Covid-19 e isolati in alcuni reparti. Il virus, nelle fasi più dure della pandemia, ha fatto una strage: 350 decessi, con un tasso di mortalità superiore del 40% rispetto al medesimo periodo di un anno fa. Motivo per cui la Procura di Milano ha aperto un’inchiesta per epidemia e omicidio colposi che coinvolge anche altre Rsa lombarde. Per i famigliari sono stati mesi di angoscia, chiedono giustizia ma vogliono anche poter rivedere i loro cari.

Primi della lista sono i degenti più anziani e fragili, date le condizioni particolari della vestizione uno psicologo decide chi è in grado di affrontare la procedura. «Alcuni di loro non sono stati ritenuti ideonei», spiega il virologo e consulente del Trivulzio Frabrizio Pregliasco. Il colloquio, alla presenza del medico e del’infermiere che seguono il paziente, dura un’ora e si svolge all’aperto, nel cortile della struttura. Per adesso solo quattro incontri al giorno, che presto diventeranno dieci. Prima di entrare i famigliari devono affrontare il triage per la verifica delle condizioni di salute, con misurazione della temperatura e controllo di eventuali sintomi. «Nei quattordici giorni successivi all’incontro ci devono informare nel caso sopraggiungano segnali sospetti del virus», rileva Pregliasco. Un protocollo, spiega,«simil-aereoportuale».

 



L’INCONTRO
Giancarlo Privitera ha la mamma ricoverata e ha trascorso settimane di grande paura. A metà aprile l’anziana «era apatica in un letto, non parlava e rifiutava cibo e acqua. Ho dovuto insistere affinché le venisse fatta una flebo. Mi sembrava di assistere alla cronaca di una morte annunciata». Anche Laura Frailich ha la mamma al Trivulzio e il suo unico contatto è una viodeo chiamata alla settimana. «La preoccupazione è stata tanta. Non sapere in che condizioni fosse quando infuriava l’epidemia, l’impatto psicologico dell’isolamento. Quando potrò vederla? Non lo so ancora purtroppo, aspetto la telefonata dalla struttura».

Antonio e Piccarda sono i primi a uscire dopo l’incontro e hanno ancora le lacrime agli occhi. «E’ stato bello, un sollievo dopo tutta questa sofferenza - raccontano - Eravamo in giardino, sotto un gazebo, con i fiori freschi e il caffè». Anche questo è un passo in più verso la vita.

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