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La sera dell'11 dicembre 2006 i vigili del fuoco accorrono per spegnere un incendio in un appartamento in via Diaz, a Erba. Quando entrano si trovano davanti a quattro cadaveri e un ferito grave, Mario Frigerio, 65 anni. Avevano provato a sgozzarlo, ma chi l'ha colpito non poteva sapere della sua malformazione congenita alla carotide: l'aorta non venne recisa e lui si salvò, diventando testimone oculare della strage e principale accusatore di Rosa Bazzi e Olindo Romano. Del quale, riferendo in aula e guardandolo dritto negli occhi, dirà: «Ha puntato il coltello alla mia gola, ha infierito, era una belva».
Strage di Erba, prove inedite
Ora il racconto di Frigerio, ritenuto nei tre gradi di giudizio tra le granitiche prove di condanna dei due coniugi all'ergastolo, insieme a nuove testimonianze è uno dei grimaldelli delle richieste di revisione del processo per il massacro di Raffaella Castagna, del figlio di due anni Youssef, della madre Paola Galli e della vicina Valeria Cherubini. Il 12 aprile il sostituto pg di Milano Cuno Tarfusser ha depositato la relazione per l'istanza di riapertura del caso al procuratore generale Francesca Nanni e all'avvocato generale Lucilla Tontodonati, che dovranno decidere se trasmettere gli atti alla Corte d'Appello di Brescia. Alla quale nel giro di «cinque o sei giorni» arriverà una medesima domanda firmata dai legali di Rosa e Olindo. «È molto difficile che ci sia una iniziativa del genere della Procura generale. È accaduto pochissime volte», rimarca l'avvocato Fabio Schembri. Nel 2022 il legale e i colleghi che lavorano al caso hanno illustrato atti a nuove prove raccolte a Tarfusser, il magistrato approfondisce il fascicolo per un anno e mezzo e giunge alla conclusione - «in tutta coscienza per amore di verità e giustizia» - che la condanna di Rosa e Olindo sia un gigantesco errore giudiziario.
Nuovi testimoni
Per i giudici della Cassazione che a maggio 2011 hanno confermato l'ergastolo, tuttavia, la verità processuale non ha ombre. C'è il movente della strage, «un meccanismo reattivo generato da sentimento di odio, grettezza, individualismo covati per lungo tempo», quanto alle coercizioni su Rosa e Olindo «non può essere ritenuto che sia stata operata pressione psicologica tale da limitare la libertà di autodeterminazione». Eloquenti vengono poi definiti i gesti con i quali Rosa Bazzi ha ricostruito il delitto di Youssef: «La mimica dei colpi inferti al bimbo urlante è molto più efficace delle parole». Infine nessun dubbio sull'attendibilità di Mario Frigerio: «Ha spiegato le sue difficoltà non tanto nel fare affiorare il ricordo offuscato dal trauma, quanto alla sua incredulità che a colpire fosse stato il Romano, suo vicino di casa che riteneva persona per bene». Ma per gli avvocati i colpevoli vanno cercati altrove, la pista da seguire è quella dello spaccio di droga e di una vendetta tra faide con un testimone «mai sentito all'epoca dei fatti: è un uomo del gruppo dei fratelli di Azouz che risiedeva nella casa della strage, poi arrestato per traffico internazionale di stupefacenti». L'altro teste inedito è «un ex carabiniere che riferisce del 50% mancante delle intercettazioni». Adesso Rosa e Olindo, che dal carcere si proclamano innocenti, sperano, mentre per Pietro e Giuseppe Castagna, che nella massacro persero mamma, sorella e nipote, è un dolore che si rinnova. «Per noi la verità è una sola - dicono - Speravamo fosse finita, invece ci risiamo. La loro condanna sta diventando la nostra condanna».
Il Messaggero