Giallo di Arce, nell'udienza davanti al Gup arriva l'integrazione sulla dinamica dell'omicidio. L'atto integrativo redatto dalla professoressa Cristina Cattaneo...
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Serena Mollicone, il carabiniere suicida disse: «La vidi entrare in caserma quel mattino di giugno»
Serena Mollicone, carabiniere minacciato di morte a pochi giorni dal processo
Ma per la prof. Cattaneo il punto d'impatto e l'altezza di Serena sono perfettamente coincidenti. Motivo? La ragazza indossava scarponcini e quindi più alta dei 155 centimetri. Ma non è tutto perché la 18enne, spinta dal basso verso l'alto, avrebbe ricevuto una forza cinetica nel momento dell'aggressione. Da qui la coerenza con il punto d'impatto.
Ma, all'indomani dell'udienza Gup, in cui è stato chiesto il rinvio a giudizio per i cinque imputati (Franco, Marco e Annamaria Mottola per omicidio, concorso morale in omicidio e istigazione al suicidio del brigadiere Santino Tuzi per l'ex luogotenente Vincenzo Quatrale e favoreggiamento per il carabiniere Francesco Suprano), la famiglia Tuzi, tramite l'avvocato Elisa Castellucci, è passata al contrattacco e mettendo in luce la totale estraneità di Tuzi nell'omicidio Mollicone.
«Le impronte digitali e il dna di Santino Tuzi, sono stati confrontati a suo tempo con i reperti biologici e dattiloscopici trovati sul corpo di Serena. Con esito negativo. Santino Tuzi è totalmente estraneo all'omicidio di Serena Mollicone, non è mai stato indagato, non è lui l'imputato», hanno spiegato. Ma per la difesa della famiglia di Santino Tuzi, è ormai chiaro il suicidio. «Qualsiasi altra ricostruzione - hanno spiegato - è destituita di ogni fondamento, non ha alcun senso parlare di omicidio. Le indagini della Procura in tal senso sono state esaustive. Quando nel 2015 sono iniziate le indagini difensive (che hanno portato alla riapertura del caso), abbiamo subito chiarito che per noi il suicidio è dato storicamente acquisito».
Portata in risalto, dalla difesa Tuzi, anche un'intercettazione telefonica di un parente di Anna Maria Mottola. A parlare è stato uno dei dipendenti dell'azienda del fratello della signora Anna Maria Mottola, dipendente che doveva essere sottoposto a prelievo delle impronte digitali. «Quello lavorava là! Se l'hanno prese sulla macchina ..io comunque le ho portate le macchine! I cartoni li abbiamo maneggiati! Io lo scotch non me lo ricordo, però se io c'ero, io comunque l'abbiamo toccato! Quello stava insieme a noi». Si parla di scotch e cartoni. Ma gli investigatori non hanno dato peso a queste parole.
Il Messaggero