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Quando la tempesta di neve li ha sorpresi, si trovavano a 3.500 metri di quota. Proseguire era impossibile e in poco tempo hanno perso il senso dell'orientamento. Cinque scialpinisti sono morti congelati sulle Alpi Svizzere, a 600 metri in linea d'aria dal confine italiano, dopo essere rimasti intrappolati nella bufera sabato scorso. Fino all'ultimo, hanno tentato di salvarsi, cercando anche di scavare una buca nella quale mettersi al riparo. Ma le temperature erano troppo rigide e non c'è stato nulla da fare. Risulta ancora dispersa una sesta persona del gruppo, composto interamente da membri della stessa famiglia: tre fratelli, un cugino, uno zio e la compagna di uno di loro. Tra questi, anche il 30enne Jean Vincent Moix, eletto poche settimane fa come consigliere comunale di Vex, paesino del Canton Vallese, e il fratello David. Il sindaco Sébastien Menoud ha espresso vicinanza alle famiglie tramite alcune testate locali, sottolineando di avere «perso un collega» anche lui.
Quella che doveva essere una giornata di svago sui monti, come tante altre organizzate dal gruppo si è presto trasformata nella peggiore delle tragedie. I familiari, di un'età compresa tra i 21 e i 58 anni, erano partiti sabato mattina da Zermatt, ai piedi del Cervino svizzero, in direzione della località Arolla, contando di concludere il giro in poche ore.
I corpi congelati delle cinque vittime sono stati trovati, tutti sparpagliati, domenica sera intorno alle 21.30, grazie a tre soccorritori e un agente di polizia che sono riusciti a raggiungere l'area nel tardo pomeriggio. «Abbiamo visto che avevano cercato di costruire una buca nella neve per proteggersi dal vento», ha spiegato il capo del soccorso dell'Air Zermatt, Anjan Truffer, sottolineando che «sono morti congelati in quota, disorientati».
IL PANICO
La posizione dei cadaveri ha fatto pensare che potessero essere stati presi dal panico. Di certo, come ha osservato il comandante della polizia cantonale vallesana, Christian Varone, gli scialpinisti si sono trovati «in una situazione imprevista» alla quale non sono riusciti a far fronte. «Abbiamo lavorato 24 ore su 24 per tentare l'impossibile». Tutti e sei erano scialpinisti esperti e alcuni di loro si stavano anche allenando per la gara di scialpinismo "Patrouille del glaciers", una competizione organizzata dall'esercito svizzero che si svolge ad aprile sulle Alpi Pennine. «A volte, però ha concluso Varone , di fronte alla natura bisogna inchinarsi». Leggi l'articolo completo suIl Messaggero