«Se i bulli invece che con quel pover'uomo se la fossero presa con un cane, ci sarebbe stata la rivolta popolare. E invece tutti zitti, in un silenzio assordante che...
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«Stano era sconosciuto ai servizi sociali perché nessuno, per quanto ne dicano oggi, ha mai fatto segnalazioni - aggiunge il prefetto - La cosa strana è che il soggetto era preso di mira da tanto tempo e nonostante questo anche il responsabile dei servizi sociali ne era all'oscuro. Manduria tra l'altro è capofila nell'efficienza dei servizi sociali, è un paese ricco tra i primi posti di quelli con cittadini risparmiatori, preso di mira da turisti inglesi e tedeschi». Nessuna giustificazione, dunque, e l'annuncio: «alla manifestazione di sabato 4 maggio per la legalità - ha detto Saladino - parteciperemo con il gonfalone come Commissione straordinaria.
IL PROCURATORE DI TARANTO
«L'intervento è stato tempestivo, ma sarebbe stato ancora più tempestivo se quelli che sapevano avessero informato gli organi di polizia molto tempo prima: oggi Stano sarebbe tra noi», ha detto il procuratore di Taranto, Carlo Maria Capristo in una in intervista al Tg1 a proposito dell'inchiesta. Per l'accaduto sono indagati 14 giovani, 12 dei quali minorenni. Sulla violenza ci sarebbero filmati fatti con i telefonini dalla baby gang che testimonierebbero che l'uomo veniva sottoposto a lungo a violenze e vessazioni. Il procuratore ha parlato di una «bravata criminale». «Tutti coloro che hanno partecipato - ha detto - saranno chiamati a rispondere e nei confronti di costoro saranno chieste pene esemplari».
LO SFOGO DI UNA MAESTRA
«Per carità la noia. Se ci fossero un cinema e un teatro a Manduria non esisterebbero le baby gang? Qui il problema è uno, ma costa ammetterlo: questi ragazzini vivono in un contesto di impunità fin da piccoli grazie a genitori pronti a difenderli sempre e comunque, pur davanti a evidenze vergognose». A parlare è Pamela Massari, maestra nella scuola elementare di Manduria dove più di qualcuno tra i 14 indagati per la morte di Antonio Cosimo Stano ha studiato.
«Accusare una comunità è azzardato - continua l'insegnante - piuttosto concentriamoci su questi ragazzini sempre più sfrontati. Potrei elencare decine di episodi di cui sono stata protagonista io ma anche tanti miei colleghi, atteggiamenti genitoriali che hanno mortificato e tarpato la mia attitudine professionale. Mamme e papà che si sentono in diritto di inveirti contro perché hai osato rimproverare l'alunno. Le storie che ogni tanto si sentono sono vere: e passare dalla passione per l'insegnamento al lassismo da parte dell'istituzione scolastica per una sensazione di impotenza è purtroppo tutt'altro che difficile». Leggi l'articolo completo su
Il Messaggero