Dissesto idrogeologico e prevenzione: un tema che ritorna ciclicamente. Parole, analisi e annunci superano di gran lunga le azioni che si riescono a mettere in campo. Non è...
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NODI
In realtà non è sufficiente. Anche gli eventi di questi giorni, il ripetersi di alluvioni e frane, mostran le difficoltà di un Paese che paga due tipi di conti sul fronte delle infrastrutture pubbliche come ponti e viadotti. Il primo è quello legato agli effetti del tempo che passa: le opere pubbliche sono state realizzate soprattutto nel dopo guerra, dopo 50-60 anni ora sentono il peso degli anni. Il secondo: un tempo c'era minore attenzione nel rispettare le distanze dalle aree a rischio di frane e alluvioni. «Vale per le infrastrutture pubbliche, vale purtroppo anche per zone residenziali - ricorda Peduto - in passato si è costruito in maniera impropria, sono state occupate le aree golenali che erano le casse di naturali di espansione dei fiumi; oppure su versanti instabili. Quando c'è stato il dramma del Ponte Morandi, noi ricordammo che il problema maggiore delle infrastrutture non è solo il fatto che sono vetuste, ma che gravitano su zone a rischio. Ricordiamoci del ponte travolto da una piena di un fiume a Cagliari un anno e mezzo fa, e poi altri casi in Sicilia, in Calabria, ora a Savona». Non possiamo spostare ponti e viadotti, ma prevenzione significa anche fare manutenzione, sorveglianza e monitoraggio delle zone critiche, per capire se ci sono situazioni di dissesto imminente. Secondo gli esperti serve un presidio territoriale, monitoraggi continui: strumentali, satellitari e tecnico-specialistici. «Prevenire costa dieci volte di meno rispetto all'agire dopo un disastro». Secondo Peduto è stato un errore azzerare l'iniziativa del governo Renzi, proseguita da Gentiloni: la struttura di Italia Sicura che prevedeva una serie di interventi nell'arco di qualche decennio. E su questo ieri, su Twitter, è intervenuto proprio Matteo Renzi: «Il Governo deve ripristinare subito l'Unita di missione sul dissesto. E per sbloccare i cantieri servono i commissari, non le chiacchiere».
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Il Messaggero