Ghosting, il trauma di essere lasciati da un partner che sparisce: l'identikit del ghoster tipo

La tendenza tra adolescenti (ma non solo): chiudere le comunicazioni senza dire addio

Ghosting, il trauma di essere lasciati da un partner che sparisce
«Aspetto che mi chiami. Ci sei? Sei sparito…il mio numero lo conosci, chiamami». Potrebbero essere gli ultimi messaggi che segnano la fine di una relazione...

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«Aspetto che mi chiami. Ci sei? Sei sparito…il mio numero lo conosci, chiamami». Potrebbero essere gli ultimi messaggi che segnano la fine di una relazione sentimentale o di un’amicizia. Che il legame sia di breve o lunga durata non ha importanza, è la modalità che si sta diffondendo sempre più, da quando le nostre vite sono appese ai social, ad attirare l’interesse degli psicologi. Si chiama ghosting, questo fenomeno in preoccupante ascesa, derivato dal termine inglese, ghost, fantasma, che descrive l’interruzione di ogni forma di rapporto digitale, via chat, mail, sui social, ma anche fisica, decisa unilateralmente e senza offrire spiegazione alcuna. Chi è vittima del ghosting, non capisce le ragioni della sparizione, resta in un limbo di domande e supposizioni che non hanno risposta, perché l’interlocutore diventa un fantasma, scompare nel silenzio, toglie l’amicizia sui social, blocca il contatto su Whatsapp, o semplicemente ignora ogni tentativo di richiesta di chiarimento. 

RAPPORTI DIGITALIZZATI

In realtà questo atteggiamento esiste da quando si è sviluppata la comunicazione tra esseri umani, ma è la digitalizzazione delle relazioni, delle conversazioni, dei rapporti ad aver reso il ghosting, un problema diffuso di cui ognuno può essere vittima e carnefice, ma che secondo gli studi più recenti riguarda maggiormente le donne. Ma come classificare il ghoster tipo, per farne un identikit? «Chi sparisce del tutto può avere un disturbo narcisistico della personalità, per cui quando una relazione non è più ritenuta interessante, anziché affrontare la situazione anche se negativa, preferisce farlo via social o chat» spiega Sabrina Molinaro, ricercatrice Cnr e responsabile studio Espad, ricerca sulle dipendenze, da alcool, tabacco e sostanze psicotrope tra i giovani. Studi sul fenomeno descrivono il ghoster come un insicuro, un individuo che per sfuggire ai proprio sensi di colpa ed alle responsabilità, preferisce sparire.

Dai dati Espad, circa il 48% dei ragazzi tra i 15 e i 19 anni ha utilizzato device per connettersi a Internet per almeno il 20% della giornata; nove ragazzi su dieci, usano la rete per chattare e stare sui social, da qui si può intuire quanto il fenomeno del ghosting abbia maggiore facilità di diffondersi tra i giovani. Infatti nella smaterializzazione digitale, si può immaginare l’altro come si vuole prima di incontrarlo, e quando prevale la fantasia le possibilità di restarne deluso sono alte. Ma quando i due mondi si sovrappongono, spesso è quello più nuovo, il virtuale a prendere il sopravvento. 

«In particolare la giovane generazione, la Z, non è abituata ad avere interconnessioni con la realtà, le loro esperienze sono molto più rapide di chi è cresciuto nell’analogico. E le esperienze fisiche possono traumatizzarle, perché magari hanno provato il virtual sex, anche molto spinto, ma non hanno mai dato un bacio. Questo significa che si dà un peso diverso alle relazioni, poiché non si è esperita la frustrazione dell’attesa dell’altro» aggiunge Marinaro. Ma non sono solo i giovani ad essere vittime e protagoniste del ghosting, per l’adulto il discorso è lo stesso. Anche se in questo caso, forse a mancare è la consapevolezza, l’autostima o più banalmente il coraggio di rifiutare il rapporto con un amico, con la moglie o con il fidanzato. D’altronde è facile, basta non rispondere più e la pazienza con il tempo si esaurisce.

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LE RIPERCUSSIONI

Ma attenzione alle ripercussioni psicologiche, perché di fatto, chi subisce le azioni del ghosting, subisce un trauma. «L’essere ghostati può comportare l’emergere di sentimenti quali tristezza, solitudine e stress soprattutto tra le ragazze perché ci si sente abbandonati, tra l’altro in modo volontario, deciso dall’altra persona. È come sentirsi dire che non si è così importante nella vita dell’altro; ovviamente l’impatto traumatico dipende dalla solidità emotiva di una persona. Nei casi più gravi si può arrivare alla depressione, all’ansia, mentre quando in gioco ci sono i ragazzi, questo può avere un effetto pesante, che si base anche sulla solidità del sostegno ricevuto dalla famiglia» spiega ancora Marinaro. Attenzione, dietro l’angolo c’è un altro fenomeno digitale, si chiama zombieing, in pratica chi sparisce, poi ritorna. Accade sempre sui social, ma questa è un’altra storia.

 

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Il Messaggero