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LE LISTE
Tutti insieme vennero inseriti nelle liste delle persone da sottoporre alla vendetta - l'elenco fu rimaneggiato fino all'ultimo istante in quella fine di marzo del 44, con nomi che entravano e che uscivano in una roulette dei sommersi e dei salvati in cui la vita e la morte erano il gioco dei carnefici - e tutti insieme venero destinati al colpo alla testa nelle grotte sull'Ardeatina perché ritenuti colpevoli, conniventi, italiani.
Gente di Roma. 335 patrioti. In un momento in cui essere italiani significava - agli occhi degli aguzzini nazisti e dei volenterosi carnefici che collaboravano con loro - diventare meritevoli di una condanna a morte. La rappresaglia si sarebbe potuta evitare? Se i partigiani che avevano messo la bomba in via Rasella, se quei gappisti che nel covo di via Marco Aurelio in zona Colosseo avevano organizzato la strage del battaglione tedesco Bozen si fossero consegnati ai tedeschi occupanti, si sarebbe scongiurata la vendetta ai danni degli innocenti? Queste sono domande, anche morali, che appartengono da sempre a quei fatti. Ma i fatti dicono comunque che una grande comunità piena di storia e di dignità, quella dei cittadini romani, venne falcidiata e fu oggetto della maggiore strage urbana condotta dai nazisti nell'Europa occupata.
In un biglietto scritto a matita, trovato nella tasca di una delle vittime e rivolto ai genitori, si legge: «Ricordate! Chi per la Patria muor vissuto è assai! Ebbene, se la patria mi chiedesse il supremo olocausto, non indietreggerei. Non indietreggerò. Sono Italiano e mi vanto di appartenere alla Nazione più bella del mondo. Se non dobbiamo più rivederci, ricordate che avete avuto un figlio che ha dato sorridendo la sua vita per la Patria guardando in viso i carnefici». Che cosa dire di più? Non è dentro queste poche righe tutto il senso del sacrificio che 335 patrioti furono chiamati a subire, in una città che poco dopo si sarebbe finalmente liberata dall'orrore dell'occupazione e avviata a un futuro reso più forte anche per effetto delle profonde sofferenze patite? Roma oggi non può non essere fiera di come ha saputo rialzarsi da quell'ecatombe, e liberarsi, crescere, custodire i valori giusti di umanità e di democrazia, fino a rappresentare il simbolo della civiltà che ha battuto la barbarie. Roma sperimentò l'abisso del nazifascismo ma maturò anche le condizioni per il più grande salto civile, sociale e democratico del Paese. Mettendosi alla testa della rinascita della nazione.
I nazisti, straziando la gente di Roma nelle Fosse Ardeatine, avevano voluto ribadire il senso della propria invulnerabilità davanti alla popolazione di questa città che, pur non ribellandosi attivamente in massa, non si mostrava disposta a collaborare con gli occupanti.
La carneficina cominciò nelle cave dell'Ardeatina alle 15,30 con l'ordine di Kappler che ogni soldato sparasse un solo colpo contro ognuno dei 335 della lista. La pallottola - avrebbe dichiarato lui stesso nel processo del 1948 - «doveva raggiungere il cervello della vittima attraverso il cervelletto, in modo che nessun proiettile andasse a vuoto e la morte fosse istantanea». Per dare l'esempio ai propri uomini, Kappler partecipò alle prime esecuzioni. Da quel momento, corpi su corpi, sangue su sangue. «L'ordine è stato eseguito», come annunciò entusiasticamente la propaganda nazifascista. Ma poi sarebbe cominciata un'altra storia e Roma avrebbe dimostrato di essere più forte del martirio.
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