I primi a riprendere le forbici in mano dovrebbero essere i parrucchieri e i barbieri sardi: già dall’11 maggio i Comuni - secondo l’ordinanza regionale -...
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Parrucchieri e bar, ipotesi riaperture regionali il 18. Conte: «Negozi, valutiamo di anticipare le date»
«Nel settore estetica e acconciatura si contano 135mila imprese, per un totale di 260mila addetti. Si stima che il settore abbia già perso il 50 per cento del fatturato medio annuo», calcolano all’Unione Cna benessere e sanità. Difficile per le piccole attività sopravvivere a una crisi di queste dimensioni. Ecco che aumenta il pressing per chiedere al governo di anticipare le riaperture, almeno al 18 maggio. I nostri saloni sono sicuri, protestano parrucchieri ed estetisti, già rispettiamo tante norme di igiene e sicurezza. Con mascherine, guanti e distanze di un metro e mezzo, due tra i clienti possiamo già tornare a lavorare, è la richiesta. «Stiamo spingendo per ripartire dal 18 maggio, sanificando più spesso i locali, usando mascherine, guanti, cose che si facevano già — spiega Renato Ancorotti, presidente di Cosmetica Italia — ma che d’ora in avanti saranno intensificate. Si procederà solo su appuntamento, apertura 7 giorni su 7, con un orario prolungato di 18 ore per non lasciare a casa nessun lavoratore. E poi ovviamente distanza di due metri tra una persona e l’altra».
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Perché spettare fino al primo giugno, con il rischio di aumentare il numero di chi non riuscirà ad aprire? «Se non ci saranno aiuti mirati e contributi a fondo perduto saranno tantissimi a non farcela - commenta Pina Parnofiello, coordinatrice nazionale di Confesercenti Immagine e benessere - chiediamo di anticipare la riapertura, la sospensioni delle tassi locali e degli affitti. Come fanno le imprese a pagare se non incassano? Siamo pronti alla flessibilità, già prima del lockdown in tanti lavoravano sia il sabato che la domenica. A patto di non alimentare una nuova forma di schiavitù».
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Chi ha rispettato le regole ha chiuso, ma in tanti hanno ignorato le disposizione del governo e hanno continuato a lavorare in nero. «Un 30 per cento, calcoliamo. Si sta estendendo una forma di abusivismo domiciliare - aggiunge Parnofiello - che annulla tutta la nostra battaglia contro il lavoro nero». L'incertezza non aiuta. «Ancora non abbiamo una data, quella del primo giugno non è riportata in nessun atto - spiegano all'Unione Cna benessere e sanità - le regole per aprire in sicurezza per clienti e dipendenti le abbiamo già. Con il protrarsi della chiusura le imprese accumulano debiti perché devono far fronte a costi fissi come affitti, utenze e contratti di fornitura che sono annuali. Per le piccole attività i costi fissi si aggirano dai 1.500 ai 2mila euro, per quelle più grandi intorno ai 5mila. In più molti non hanno ricevuto i contributi promessi». Il piano proposto per la riapertura anticipata, con orari prolungati? «É condivisibile, già c'è la libertà di aprire nel week-end e con turnazioni più lunghe. Bisogna considerare però cosa stabiliscono i singoli Comuni a riguardo».