Parrucchieri ed estetisti: «Se non ci fanno riaprire rischiamo di chiudere per sempre»

Parrucchieri ed estetisti: «Se non ci fanno riaprire rischiamo di chiudere per sempre»
di Maria Lombardi
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Mercoledì 6 Maggio 2020, 20:03 - Ultimo aggiornamento: 20:44

I primi a riprendere le forbici in mano dovrebbero essere i parrucchieri e i barbieri sardi: già dall’11 maggio i Comuni - secondo l’ordinanza regionale - potrebbero dare l’ok alla riapertura di saloni e centri estetici se l’indice del contagio non supererà 0,5. Qualche giorno dopo li seguiranno i colleghi abruzzesi, serrande alzate dal 18 maggio, come ha deciso la Regione. Per tutti gli altri, al momento, la data al momento è quella del primo giugno, anche se Conte ha aperto alla possibilità di aperture anticipate. Tre mesi di stop, un lockdown prolungato rispetto alle altre attività che costerà molto caro. Tra il 25 e il 30 per cento delle imprese del settore rischia di non aprire, con tantissimi posti di lavoro perduti.

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«Nel settore estetica e acconciatura si contano 135mila imprese, per un totale di 260mila addetti. Si stima che il settore abbia già perso il 50 per cento del fatturato medio annuo», calcolano all’Unione Cna benessere e sanità. Difficile per le piccole attività sopravvivere a una crisi di queste dimensioni. Ecco che aumenta il pressing per chiedere al governo di anticipare le riaperture, almeno al 18 maggio. I nostri saloni sono sicuri, protestano parrucchieri ed estetisti, già rispettiamo tante norme di igiene e sicurezza. Con mascherine, guanti e distanze di un metro e mezzo, due tra i clienti possiamo già tornare a lavorare, è la richiesta. «Stiamo spingendo per ripartire dal 18 maggio, sanificando più spesso i locali, usando mascherine, guanti, cose che si facevano già — spiega Renato Ancorotti, presidente di Cosmetica Italia — ma che d’ora in avanti saranno intensificate. Si procederà solo su appuntamento, apertura 7 giorni su 7, con un orario prolungato di 18 ore per non lasciare a casa nessun lavoratore. E poi ovviamente distanza di due metri tra una persona e l’altra».

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Perché spettare fino al primo giugno, con il rischio di aumentare il numero di chi non riuscirà ad aprire? «Se non ci saranno aiuti mirati e contributi a fondo perduto saranno tantissimi a non farcela - commenta Pina Parnofiello, coordinatrice nazionale
 di Confesercenti Immagine e benessere - chiediamo di anticipare la riapertura, la sospensioni delle tassi locali e degli affitti. Come fanno le imprese a pagare se non incassano? Siamo pronti alla flessibilità, già prima del lockdown in tanti lavoravano sia il sabato che la domenica. A patto di non alimentare una nuova forma di schiavitù».

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Chi ha rispettato le regole ha chiuso, ma in tanti hanno ignorato le disposizione del governo e hanno continuato a lavorare in nero. «Un 30 per cento, calcoliamo. Si sta estendendo una forma di abusivismo domiciliare - aggiunge Parnofiello - che annulla tutta la nostra battaglia contro il lavoro nero». L'incertezza non aiuta. «Ancora non abbiamo una data, quella del primo giugno non è riportata in nessun atto - spiegano all'Unione Cna benessere e sanità - le regole per aprire in sicurezza per clienti e dipendenti le abbiamo già. Con il protrarsi della chiusura le imprese accumulano debiti perché devono far fronte a costi fissi come affitti, utenze e contratti di fornitura che sono annuali. Per le piccole attività i costi fissi si aggirano dai 1.500 ai 2mila euro, per quelle più grandi intorno ai 5mila. In più molti non hanno ricevuto i contributi promessi». Il piano proposto per la riapertura anticipata, con orari prolungati? «É condivisibile, già c'è la libertà di aprire nel week-end e con turnazioni più lunghe. Bisogna considerare però cosa stabiliscono i singoli Comuni a riguardo». 
 



«Sono circa 300mila le famiglie coinvolte in queste imprese», Antonio Pruno, con un Hair Beauty in via della Croce, nel centro di Roma, qualche giorno fa ha fatto una diretta Facebook con la leader di Fratelli d'Italia Giorgia Meloni (sua cliente insieme a Mara Carfagna e Mariastella Gelmini)  rappresentando le richieste di parrucchieri ed estetisti.  «Ci hanno definito categoria a rischio, noi non siamo d'accordo, ci sentiamo penalizzati», sostiene. «Qualunque professionista è già in possesso dei requisiti per lavorare in sicurezza. Per legge dobbiamo avere i dispositivi per sterilizzare gli strumenti e igienizzare i locali. Gli unici nuovi accorgimenti sono mascherine, guanti e distanziamento. I fornitori in questi mesi hanno continuato a lavorare perché in tantissimi hanno  svolto l'attività in nero. Molti imprenditori mi hanno scritto dicendo di non aver visto un euro degli aiuti promessi e di ritrovarsi con le casse prosciugate e i debiti con le banche. Anche se vendiamo bellezza, diamo da vivere a tante famiglie che adesso rischiano di trovarsi sul lastrico». 






 

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