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Non chiudere tutto, ma intervenire chirurgicamente nelle province in cui l’epidemia appare fuori controllo, come a Milano, Torino e Napoli. Questa è in sintesi la proposta del Comitato tecnico scientifico, riunito ieri sera, su richiesta del governo. Si valuta anche lo stop alla mobilità tra una regione e l’altra tra le mosse per fermare l’avanzata del coronavirus, anche se una decisione ancora non è stata presa. Se non ci saranno lockdown su base regionale, bloccare gli spostamenti appare complicato. Ma dove s’interverrà? Piemonte e Lombardia sono le aree in cui l’epidemia sta correndo più velocemente.
Il governo, sulla base del parere del Comitato tecnico scientifico, sta preparando le chiusure locali dove l’Rt è alle stelle e in quelle dure regioni è ormai sopra a 2, il doppio del limite considerato accettabile. In Lombardia ci sono le province con una più alta incidenza di casi positivi nelle ultime due settimane: Monza e Varese, mentre anche Milano vede una impennata di contagi e ricoveri. Molto grave la situazione in Valle d’Aosta, dove anche ieri un tampone su 4 è risultato positivo, e nella provincia autonoma di Bolzano. Altre regioni sotto osservazione sono la Campania (il caso Napoli in particolare, ma ieri è stato sottolineato che non sono ancora stati inviati tutti i dati), timori per parte della Toscana, della Liguria, dell’Umbria e per alcune zone del Veneto.
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TERRITORI
Secondo il Cts bisogna ragionare su chiusure di intere aree metropolitane o province, come Milano, Torino, Genova e Napoli. Se guardiamo all’incidenza del virus (nuovi casi positivi in base al numero di abitanti) oltre a Monza, Varese, Aosta, Milano e Napoli, sono in affanno Prato, Firenze, Pistoia, Bolzano e Caserta. La riunione del Comitato tecnico scientifico è iniziata ieri attorno alle 18, dopo che il coordinatore Agostino Miozzo, il presidente del Consiglio superiore di Sanità Franco Locatelli e il presidente dell’Istituto superiore di sanità, Silvio Brusaferro, avevano partecipato al vertice con il premier Conte. Non è solo un problema di Rt (tra l’altro i valori diffusi dalla cabina di regia del Ministero della salute hanno un limite, fotografano una situazione vecchia di una settimana).
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Il numero che spaventa di più nell’analisi del governo e del Cts è riferito a ieri: 297. Sono i decessi per Covid-19 registrati. Sia chiaro, la statistica spesso è influenzata dai tempi di notifica delle Regioni e non deve sorprendere la differenza con il giorno prima, quando i morti erano stati 199. Su base settimanale, con un dato più omogeneo, è evidente che l’incremento dei decessi, sempre in ritardo rispetto all’aumento dei casi positivi, è arrivato: nell’ultima settimana sono stati 1.280, in quella precedente 667.
LA CURVA
E c’è un altro aumento che sta invitando con forza il governo a inasprire le misure di contenimento del contagio: i ricoveri. Anche ieri il dato è stato marcato: altri 97 posti di terapia intensiva occupati, siamo arrivati a 1.843, non lontano dal limite critico considerato a quota 2.300-2.400. I dati dei nuovi casi positivi ieri sono tornati ad aumentare, se ne sono aggiunti altri 31.758 su un totale di 215.866 tamponi. Detto con estrema prudenza, l’incremento dei nuovi casi è molto alto, ma con qualche lieve segnale di raffreddamento: viaggiamo a più 61,6 per cento rispetto al sabato della settimana precedente. Se facciamo il confronto tra i nuovi casi positivi di sabato 17 e quelli di sabato 24 ottobre scopriamo che l’incremento fu attorno all’80 per cento. In sintesi: la velocità di diffusione dell’epidemia è sempre molto elevata, ma non così tanto come lo era nelle settimane precedenti. Primi effetti delle misure decise con i precedenti lockdown? Presto per dirlo. E anche su questo, sulla necessità di aspettare qualche giorno per valutare l’effetto delle mascherine obbligatorie e della chiusura di bar e ristoranti alle 18, ieri sera si sono concentrati gli esperti del Cts.
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Il Messaggero