«Adesso più che mai sono contenta di quello che faccio. Non vorrei essere da nessun altra parte. E se dovessi ammalarmi, mi salirebbe una tale rabbia per non poter...
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Sarah l'altro giorno ha compiuto 46 anni. Il regalo del marito, Marco Trovato, direttore di Africa Rivista, è stato una lettera pubbblicata su Facebook: «Ti ho vista tornare a casa, stremata e sconvolta, dopo un'interminabile giornata di lavoro. Il volto scavato dalla fatica, il sorriso tirato, gli occhi lucidi, lo sguardo velato da un'ombra ineffabile....Ogni giorno in trincea contro il male impalpabile». Il “mostro”, lo chiama lui, e ogni giorno la moglie lo incontra e lo affronta. «Non ho paura - racconta Sarah, madre di due figli - nel nostro ospedale siamo ben organizzati e i dispositi di protezione non sono mai mancati. Con tuta, mascherina e guanti mi sento protetta. In questo momento la cosa più difficile da gestire sono i drammi umani. I malati sono soli e non possono comunicare con le famiglie, hanno una paura folle, gliela leggi negli occhi, loro non si lamentano. Ce la farò, ripetono, devo farlo per mio figlio o per mio nipote. Nel pronto soccorso sono uno accanto all'altro, chi con la mascherina di ossigeno, chi con il casco per la ventilazione, non possono nemmeno parlare tra di loro. Sono soli e si sentono abbandonati per la mancanza di contatto con i loro cari. Gli anziani ne risentono di più. Cerchiamo di farli chiamare a casa con il nostro cellulare o con il telefono del pronto soccorso. Li aiutiamo come possiamo. L'altro giorno ho consegnato una lettera d'amore di una moglie al marito ricoverato. Un vecchietto di 80 anni ci ha chiesto: fer favore, vorrei sapere se mio fratello è morto. Era ricoverato nel nostro ospedale, abbiamo chiamato in reparto: era vivo».
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Il dolore della solitudine, e quello dell'impotenza. «Non eravamo abituati a sentirci impotenti.
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Il Messaggero