Questo lockdown, che solo ora dopo oltre due mesi sta cominciando ad allentare le maglie, ha portato tanti dubbi, paure, disagi. L'economia è in crisi, il Pil...
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L'approvvigionamento alimentare degli italiani è stato garantito grazie a 3 milioni di lavoratori che, nonostante i rischi per la salute, hanno continuato a lavorare in piena pandemia in 740mila aziende agricole, 70mila industrie alimentari e 230mila punti vendita in Italia, tra ipermercati (911), supermercati (21.101), discount alimentari (1.716), minimercati (70.081 e altri negozi (138.000). È quanto emerge da una analisi della Coldiretti in riferimento ai dati Istat sulcommercio al dettaglio nel mese di marzo. L'alimentare, in controtendenza rispetto a tutti gli altri settori merceologici, come dicevamo è l'unico settore in crescita, del 3,5% in valore e del 2,1% in volume, su base tendenziale. Un risultato, secondo Coldiretti, che è il frutto di un forte aumento in supermercati (+14%) e discount (+7,5%) mentre calano gli ipermercati (-9,1%) e tengono i piccoli negozi alimentari (-1%). «Un aumento favorito anche dalla chiusura forzata di ristoranti, mense, bar, gelaterie, pasticcerie, agriturismi e, in molte regioni, anche di mercati rionali e quelli degli agricoltori. Questi - sostiene la Coldiretti - vanno riaperti al più presto, per aumentare la possibilità di scelta, combattere le speculazioni e ridurre le file e gli assembramenti».
La filiera agroalimentare “made in Italy” dai campi agli scaffali ha tenuto, nonostante la tendenza all'accaparramento e al verificarsi di pericolose file, che hanno provocato una impennata degli acquisti al dettaglio. Una vera e propria spesa di guerra, secondo le elaborazioni di Coldiretti su dati Ismea/Nielsen: si sono registrati aumenti del 145% negli acquisti di farina, +78% arance, +60% mele, +57% mozzarella, +57% uova, +32% formaggi, +31% salumi, +25% riso, latte +22% e +14% pasta. Uno sforzo importante della filiera che è riuscita a garantire le forniture nonostante le difficoltà, con quasi sei aziende agricole su dieci (57%) che stanno affrontando una situazione di crisi. A spingere il fatturato alimentare, sempre secondo la Coldiretti, è il commercio estero con le esportazioni che a marzo sono aumentate del 13,5% mentre a pesare negativamente a livello nazionale è la chiusura di bar, ristoranti pizzerie, gelaterie e agriturismi con una perdita mensile di oltre 1,5 miliardi. In questo contesto era dunque particolarmente attesa la riapertura delle strutture di ristorazione per far ripartire una importante fetta dell’economia nazionale.
Il lungo periodo di lockdown ha fatto soffrire molte imprese dell’agroalimentare Made in Italy, dal vino alla birra, dalla carne al pesce, dalla frutta alla verdura ma anche su salumi e formaggi di alta qualità che trovano nel consumo fuori casa un importante mercato di sbocco. La spesa degli italiani per pranzi, cene, aperitivi e colazioni fuori casa prima dell’emergenza coronavirus era pari al 35% del totale dei consumi alimentari nazionali. E come conseguenza dell'aumentata domanda, ovviamente, arriva l'aumento dei prezzi. Nonostante sia stata registrata la battuta d'arresto dell'inflazione, il carrello della spesa continua a crescere, proprio per effetto dell'impennata dei prezzi degli alimentari (+2,7%). In aprile, con l’emergenza sanitaria in pieno corso, da una parte il restringersi dell’offerta e della domanda commerciale al dettaglio (concentrate su un minor numero di comparti merceologici), dall'altra il crollo delle quotazioni del petrolio, determinano spinte opposte: inflazionistiche per i prodotti alimentari e deflazionistiche per i beni energetici. Queste ultime sono prevalse azzerando l’inflazione (non avveniva da ottobre 2016 quando la variazione dell’indice dei prezzi al consumo fu negativa e pari -0,2%); tuttavia, i prezzi del cosiddetto "carrello della spesa", trainati dagli alimentari non lavorati, accelerano, portandosi a livelli di crescita che non si registravano da febbraio 2017.
Nello specifico gli aumenti sono stati rilevati sui prezzi di frutta (+8,4%), verdura (+5%), latte (+4,1%) e salumi (+3,4%).
Il Messaggero