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Quando i poliziotti la hanno arrestata per detenzione di droga, ha provato a giustificarsi: quel pacco consegnato a casa sua da un corriere non conteneva sostanze stupefacenti, ma semplicemente detersivo: «Lo uso per pulire l'argenteria e mio figlio lo usa per lavare la macchina. Infatti questo pacco dovevo spedirlo a lui, che abita a Londra». È questo il senso delle parole usate dalla sorella di Ornella Muti, l'attrice settantunenne Claudia Rivelli, che ieri si trovava sul banco degli imputati in un'aula del tribunale di Roma. Il giudice ha convalidato l'arresto, ma ha deciso di non applicare misure cautelari. E la Rivelli, che ora è a piede libero, verrà processata. La perizia effettuata su ordine del magistrato sembra lasciare pochi dubbi: dentro i flaconi trovati a casa della donna c'era gbl, conosciuto anche come liquid ecstasy o, più comunemente, droga dello stupro.
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La sorella di Ornella Muti a processo
A fermare la star dei fotoromanzi anni Settanta, è stata la Polizia aeroportuale di Fiumicino, che da tempo indaga su un traffico di droga proveniente dall'estero.
L'UDIENZA
Dopo una notte passata in cella di sicurezza, l'attrice si è presentata ieri a Piazzale Clodio, provata e con uno sguardo smarrito. Ad ascoltarla, questa volta, non c'era un grande pubblico di ammiratori, ma c'erano dei magistrati. È arrivata al primo piano del Palazzo di giustizia accompagnata dall'ex marito, Paolo Leone. Camicia di seta, ballerine ai piedi, occhiali da vista che mascheravano lo sguardo preoccupato. La Rivelli ha detto al giudice di essere vittima di un gigantesco equivoco: «La sostanza la usavo per pulire l'argenteria e una delle due auto di mio figlio che è rimasta a Roma. Quelle bottiglie le ha ordinate lui su internet, io non sono capace - ha detto al magistrato - Una la dovevo mandare a lui perché gli serviva in Inghilterra, dove è legale, l'altra arrivata a casa era un ordine che aveva fatto partire lui in aggiunta, perché il primo non lo consegnavano. Un flacone, poi, io lo tengo sempre a casa per fare le pulizie insieme alla domestica». Il pacco contenente il flacone da un litro, sarebbe però arrivato prima a casa della madre, morta l'ottobre scorso: «Era arrivato lì perché quell'ordine era stato chiesto da mia madre a mio figlio Giovanni. È stata lei a far conoscere a noi le proprietà di questa sostanza per la pulizia e voleva che avessi una bottiglia di scorta anche io. Lei la usava sempre per gli arredi in argento e i metalli». Al termine dell'udienza, il pm Mario Pesci ha chiesto i domiciliari, ma il giudice ha deciso di non disporre misure.
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