La Capitale è un set cinematografico a cielo aperto. Non solo perché praticamente ogni suo angolo, anche il più nascosto, è ormai entrato nelle...
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Lettera al premier/ La risposta mancata che delude i romani
Camere, assedio a Conte: «Ora aiuti la Capitale, subito più soldi e poteri»
I NUMERI
Intanto numeri alla mano c’è da registrare come il Lazio sia senza dubbio leader in Italia per produzione, numero di imprese e di addetti. Nella Regione, ma principalmente nella capitale, sono infatti attive il 33% delle imprese italiane del settore, con quasi 75 mila addetti (diretti e indiretti) impiegati. Considerando che secondo i dati del Centro Studi Confindustria contenuti nel Rapporto Anica (Associazione Nazionale Industrie Cinematografiche Audiovisive Multimediali) in Italia l’intero comparto genera un giro d’affari che supera i 4 miliardi di euro, nella sola Roma il mercato dei contenuti per cinema e tv vale quasi un miliardo e mezzo.APPEAL
«In discussione infatti non c’è l’appeal di Roma - spiega Marco Simoni, accademico e primo Presidente della Fondazione Human Technopole - sarebbe folle non coglierlo. Il punto è che non ne viene favorita la vocazione. Netflix è sì sbarcata nella Capitale, ma cos’ha fatto il Comune o le istituzioni per favorire il successo dell’operazione? E’ forse stato trovato il modo per favorire il suo lavoro e l’arrivo di attori o cineasti internazionali o magari l’accesso del colosso a luoghi ormai dismessi?». Interrogativi che, a ben vedere, possono essere estesi a tutte le grandi produzioni. «Non è che Roma non funzioni ma si può migliorare. Nel senso che sognando un pochino e avendo un po’ più di ambizioni si potrebbe mettere più a sistema il comparto». A spiegarlo è Francesca Cima, Presidente sezione Produttori Anica. «Si potrebbe pensare a semplificare l’iter dei permessi per girare o mettere a sistema i vari uffici evitando che per poter lavorare in un palazzo storico si debbano richiedere autorizzazioni alla Sovrintendenza, altre che al Comune e alla Regione».MILANO
In pratica, a farla da padrone, è il classico bizantinismo italiano che finisce con il rendere più complicate le cose come sostiene Riccardo Tozzi, fondatore e presidente di Cattleya: «Non è per fare paragoni, ma nella mia esperienza nel girare il film su piazza Fontana a Milano siamo stati molto aiutati, abbiamo letteralmente dovuto far esplodere la piazza, e c’è stata tantissima disponibilità. A Roma forse sarebbe stato un po’ diverso». Non è un caso quindi se oltre ai notiziari televisivi di Sky e Mediaset (il passaggio di quest’ultima si concretizzerà entro il 30 settembre), i vari Endemol, Banijay, Ballandi e Fremantle - almeno prima del Covid - sempre più spesso producono i propri contenuti per le tv italiane a Milano. Non solo, anche la Rai ha dato il via libera alla costruzione di un nuovo centro di produzione nella capitale lombarda, nella Vecchia fiera, nel quartiere Portello. E se anche “mamma Rai” inizia a spostarsi, forse qualcosa che non va nella Capitale c’è davvero. Leggi l'articolo completo suIl Messaggero