«Avvocato se lei è contento sono contento anche io, vi ringrazio tutti ma lasciatemi solo, non ho voglia di parlare, capisco la vostra felicità ma preferisco...
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I figli lo hanno sempre sostenuto e sono stati loro a gioire di più quando hanno appreso che Mattarella gli aveva concesso la Grazia. Avevano sempre ripetuto che il padre in carcere sarebbe morto. E così avrebbero perso anche lui. «Bini ha vissuto il processo, che è durato 10 anni, come uno spettatore», ha detto all'Adnkronos il difensore di Bini Lapo Bechelli. L'accusa era quella di omicidio volontario e la pena corrispondente sarebbe stata l'ergastolo. «In primo grado - ha spiegato il legale - è stato condannato a 6 anni e sei mesi perché gli sono stati riconosciuti il vizio parziale di mente e le attenuanti che abbiamo richiesto come difesa, tranne quella del motivo di particolare valore sociale». «È qui che ci siamo scontrati perché nel nostro ordinamento l'eutanasia non è riconosciuta - ha spiegato Bechelli - Per il motivo di particolare valore morale o sociale ci deve essere un sentimento che appartiene alla collettività. Lui era stato spinto da un sentimento altruistico, che in questo caso sarebbe stato il non far più soffrire la moglie». «È un caso che lambisce il tema dell'eutanasia - ha detto Bechelli - tutte e tre le sentenze dicono che è un tema che compete al Parlamento se mai se ne fosse occupato. Ma io infatti non chiedevo qualcosa che non c'è nell'ordinamento italiano, io volevo che mi riconoscessero che fosse un gesto motivo di particolare valore sociale».
La condanna è stata poi confermata in secondo grado. «Quando c'è stato l'Appello nel 2017 c'è stato un momento di grande soddisfazione: anche il pm ha chiesto che fosse riconosciuta la mia attenuante - ha raccontato l'avvocato - Ma anche in questo caso la Corte d'Assise d'Appello ha detto no.
Il Messaggero