«Sono finito dentro a quella rete, mi volevano portare via i figli». Paolo, il nome è di fantasia, non vuole che si sveli la sua identità. «I miei...
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LA STORIA
Invia delle foto senza veli al fidanzatino. Più istantanee. «Io e mia moglie non sapevamo nulla, ovviamente avremo impedito che facesse una simile cosa», spiega Paolo. Accade, però, che la coppietta si lascia. Lui ricatta lei. La minaccia, vuole altri scatti. A questo punto la figlia spaventata avvisa il padre. Paolo denuncia la vicenda alla postale. Nel frattempo, però, nella scuola, scoppia il caos. «Avevano attivato i servizi sociali», sottolinea l'uomo. «Noi eravamo vittime di un ricatto e contemporaneamente ci trovavamo sotto pressione da parte dello Stato». Paolo ricorda il primo incontro con la responsabile del servizio sociale integrato dell'Unione di Comuni della Val d'Enza. «Voleva portarmi via i figli», sostiene l'uomo. Il motivo lo spiega sempre il genitore: «In pratica se mia figlia inviava foto osé era colpa mia. Ero considerato un «padre inadeguato e si sospettava la prostituzione di mia figlia».
LA RABBIA
Paolo, prosegue, fa fatica a contenere la rabbia. Anche perché la segnalazione dei servizi sociali arriva al tribunale dei minori. «Volevo scappare con mia moglie e i miei figli all'estero, rientrare in Italia quando loro avrebbero compiuto la maggiore età». Il piano, però, non viene attuato e si decide di combattere: «Abbiamo speso tanti soldi in avvocati. Poi andavamo agli incontri con le assistenti. Ricordo ancora il primo, in cui mi comunicano la volontà di portarmi via i figli». Un boccone amaro da mandare giù. «Mia moglie emotiva, nel frattempo sta male e perde il lavoro».
La condizione in famiglia diventa tesa. «Agli incontri mi chiedevano costantemente la situazione economica, volevano sapere che malattie avessero colpito i miei parenti», spiega Paolo. «Cercavano - aggiunge - degli elementi per portarmi via i figli. Non gli interessava, ammesso che ci fossero, eventuali problemi da risolvere». Paolo è agguerrito e non molla. E alle assistenti dice chiaramente: «Mi dovete sparare».
Alla fine di una lunga battaglia giudiziaria il 26 luglio 2018 la famiglia tira un sospiro di sollievo: «All'esito dell'istruttoria - scrivono i giudici del tribunale dei minorenni di Bologna - non vi è più motivo di limitare la responsabilità genitoriale e di conseguenza si revocano i decreti provvisori». Niente più assistenti sociali, si spezza la spada di Damocle. Nessuno porterà via i figli a Paolo e alla moglie. Leggi l'articolo completo su
Il Messaggero