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È arrivato tirando baci e saluti: ciao ciao, con i suoi piccoli arti menomati. Spiazzante, impossibile resistergli, impossibile non spegnere il cellulare e ricambiare. Il bambino che tutti vorrebbero tenere in braccio e alzare al cielo è in Italia. «Ora è figlio vostro, sono figli vostri», ha detto la mamma Zeynep. Pochi sguardi d'intesa, pieni di commozione e gioia con chi ha combattuto per portarli tutti e cinque qui. Gli italiani silenziosi e operosi. E la gioia contagiosa di Mustafà al-Nazzal, il bimbo di cinque anni nato senza arti per colpa di un bombardamento aereo con armi chimiche in Siria, e suo padre Munzir, che ha perso una gamba sempre durante un bombardamento sono sbarcati all'aeroporto Leonardo da Vinci di Fiumicino con la famiglia al seguito. È arrivato in braccio al papà che era su una sedia a rotelle ma a tutti è noto per quello scatto disperato e pieno di amore, il padre che lo tira in alto, come fanno tutti i papà. E se è l'amore e non la disperazione che muove tutto, essì qualcosa è andato a buon fine. Potenza di una foto: in quello scatto del fotografo turco Mehmet Aslan, Hardship of Life fatto in un campo profughi, c'è dentro tutta la voglia di vivere e non sopravvivere, di cercare il meglio per un figlio. Quella foto vincitrice del Siena International Photo Awards 2021 ha fatto il giro del mondo, simbolo del dramma siriano, ma non solo.
In Italia il bimbo mutilato simbolo della guerra siriana: lo cureranno a Bologna
In Italia, in Toscana a Siena hanno capito che una raccolta di fondi poteva aiutarli, che quella foto poteva salvarli dall'inferno dove galleggiavano. Una grande raccolta fondi ha permesso di raccogliere oltre 100mila euro (e resta aperta). Intanto la famiglia di Mustafà in Italia per motivi umanitari vivrà a Siena e lì le contrade già son pronte a contenderseli. Soprattutto padre e figlio saranno curati dal Centro protesi Vigorso di Budrio, dove potranno sottoporsi a interventi e cure. Per il papà sarà più semplice, per Mustafà sarà tutto in salita, ci sarà sempre bisogno di altri fondi e di altre protesi perché il bambino crescerà. E quanti come lui si potrebbero salvare, quanti sono rimasti nell'ombra perché una foto non li ha immortalati al momento giusto, nel posto giusto, se c'è un posto giusto...
«Siamo felici di essere in Italia, grazie», hanno detto più volte a modo loro.
«GRAZIE FRATELLO»
Per questo ieri era tutto contento, il piccolo Mustafà ha voglia di vivere e quella foto ha avuto solo il merito di trasformare una delle tante macabre immagini di stragi in voglia di rinascita. Si è infiltrata tra le pieghe delle paure e del nostro non voglio vedere, ha strisciato nell'indifferenza dell'Occidente, la vita ha vinto. Ad accoglierli anche don Renato Rotellini, rappresentante della Diocesi di Siena e della Caritas, emozionato, parlava di un «sogno collettivo».
«Grazie fratello» ha imparato a dire il papà a Venturi, i primi messaggi in arabo venivano tradotti. «Dell'Italia non conoscevano nulla, non un idolo, un personaggio noto, non avevano tv». Tutta l'Italia li ha salvati. Leggi l'articolo completo su
Il Messaggero