Monuments Men, il film sugli esperti che salvarono l'arte da Hitler convince a metà

Monuments Men, il film sugli esperti che salvarono l'arte da Hitler convince a metà
Date a un attore-regista celebre per il fascino garbato e i modi soavi un soggetto ben poco soave, soprattutto oggi. Il risultato somiglierà a The Monuments Men. Un film che...

OFFERTA SPECIALE

2 ANNI
159,98€
40€
Per 2 anni
SCEGLI ORA
OFFERTA MIGLIORE
ANNUALE
79,99€
19€
Per 1 anno
SCEGLI ORA
 
MENSILE
6,99€
1€ AL MESE
Per 6 mesi
SCEGLI ORA

OFFERTA SPECIALE

OFFERTA SPECIALE
MENSILE
6,99€
1€ AL MESE
Per 6 mesi
SCEGLI ORA
ANNUALE
79,99€
11,99€
Per 1 anno
SCEGLI ORA
2 ANNI
159,98€
29€
Per 2 anni
SCEGLI ORA
OFFERTA SPECIALE

Tutto il sito - Mese

6,99€ 1 € al mese x 12 mesi

Poi solo 4,99€ invece di 6,99€/mese

oppure
1€ al mese per 6 mesi

Tutto il sito - Anno

79,99€ 9,99 € per 1 anno

Poi solo 49,99€ invece di 79,99€/anno
Date a un attore-regista celebre per il fascino garbato e i modi soavi un soggetto ben poco soave, soprattutto oggi. Il risultato somiglierà a The Monuments Men. Un film che porta su ogni fotogramma i segni degli sforzi fatti per colorire, alleggerire, vivacizzare, rincuorare. Fino a perdere non in credibilità - dopo Tarantino siamo disposti a concedere ben altro, anche a chi maneggia materiali esplosivi come nazismo e Shoah - ma in coerenza. E in consistenza.


Peccato perché la storia vera di questi 365 professori, restauratori, direttori di museo, tutti rispettabili signori di mezz’età o poco meno, sguinzagliati da Roosevelt nell’Europa in fiamme del 1944 per salvare tesori d’arte dalla cupidigia nazista (e dagli errori alleati: nell’agosto ’43 L’ultima cena di Leonardo scampò d’un soffio alle bombe inglesi), meritava un vero sforzo d’invenzione. Invece Clooney e il suo fido sceneggiatore Grant Heslov si contentano di riunire sette campioni di simpatia (più una gran dama, Cate Blanchett). Inanellando episodi divertenti, malinconici, istruttivi, a volte tragici, con un occhio ai classici del genere “gruppo di simpatiche canaglie in guerra” (La grande fuga, Quella sporca dozzina, etc.). E l’altro al librone di Robert Edsel che ha ispirato il film. Ma senza mai trovare un tono, un collante affettivo, una spinta genuina che tenga insieme i personaggi, i loro sentimenti, e i diversi registri convocati per dar loro vita.

Il risultato è nobile e gradevole ma anche fatuo e molto old fashion. Specie oggi che la situazione mondiale impone sgradevoli confronti (quanti inestimabili tesori d’arte ha bruciato la guerra in Iraq? Chiedetelo a Rumsfeld). E i fantasmi del nazismo e dell’antisemitismo, meno remoti che negli anni 60, esigono un approccio meno bonario.

Sicché sullo schermo, a episodi felici (Matt Damon che riporta un quadro nella casa saccheggiata dei proprietari ebrei; Bill Murray e Bob Balaban che salvano la pelle strizzando l’occhio a Hollywood), si alternano personaggi a metà (il giovane ebreo tedesco che si unisce ai valorosi yankee); spunti che meritavano ben altro (Cate Blanchett, funzionaria del museo parigino Jeu de Paume, sulle prima non collabora temendo che gli americani vogliano inguattarsi la loro parte di capolavori); scene belliche di rara goffaggine.


E fervorini che tra un’inquadratura e l’altra dei capolavori trafugati, ci ricordano i valori universali dell’arte, il suo ruolo di memoria storica, il sensto profondo della missione. Belle parole, ma avremmo preferito un tono più deciso. E meno demagogia. Nel film ci si affanna a dire che nessun capolavoro vale una vita umana. Ma se San Lorenzo fosse stato più vicino ai musei Vaticani, per esempio, le bombe forse sarebbero cadute più in là. Leggi l'articolo completo su
Il Messaggero