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«Meritavano tutti e quattro l'ergastolo». La sentenza è stata letta da poco, Samuele Cenciarelli è ancora scosso, gli tremano le braccia e ha la voce rotta dalla commozione. Il dramma lo ha vissuto in prima persona. Fu lui il primo e l'unico a soccorrere l'amico agonizzante a terra dopo i colpi marziali sferrati dai fratelli Marco e Gabriele Bianchi. Lo stesso Samuele venne raggiunto da un calcio nel tentativo, purtroppo inutile, di difendere Willy.
Willy Monteiro, ergastolo a Marco e Gabriele Bianchi: applausi in aula
Ieri al tribunale di Frosinone, insieme a lui, c'erano tutti gli altri amici di Paliano. Un gruppo affiatato che si è unito ancora di più dopo la tragedia, anche perché molti di loro era presenti la sera del 5 settembre di due anni fa a Colleferro quando Willy è stato ucciso. Alcune delle loro testimonianze sono state decisive per ricostruire un fatto che, come ha sottolineato il pubblico ministero Giovanni Tagliatela commentando la sentenza, «è avvenuto in un contesto di confusione che poteva dare adito a una diversa valutazione».
Samuele e gli altri amici di Paliano hanno atteso con ansia la sentenza all'esterno dell'aula della Corte d'Assiste del tribunale di Frosinone. E anche ieri, mentre la corte si era ritirata in camera di consiglio, non hanno fatto mancare il sostegno alla famiglia del loro amico. E così è stato per gli ultimi due anni.
Ecco perché, alla lettura del verdetto, si sono abbracciati e hanno pianto insieme. «È stata una liberazione.
Il coraggio di Matteo
Samuele abbraccia Matteo La Rocca, l'amico di Willy che ha avuto la prontezza di fotografare la targa dell'auto, una Suv Audi, su cui i fratelli Bianchi e Francesco Belleggia erano fuggiti subito dopo il pestaggio. Quella foto ha messo subito gli investigatori sulle tracce dei colpevoli. Anche per Matteo, che lavora con il padre nel settore dell'edilizia, la sentenza «è una vittoria a metà perché meritavano tutti l'ergastolo, sono tutti responsabili».
«Sono stato io a chiamare l'ambulanza e a scattare la foto della targa dell'auto degli aggressori. È stato un gesto istintivo, non ho avuto paura, così come Willy non aveva avuto paura a difendere l'amico. L'aggressione è durata pochi secondi, abbiamo avuto a malapena il tempo di capire cosa fosse successo, ma ci siamo subito resi conto che era accaduto qualcosa di molto grave. Lo rifarei mille volte, sono stati 22 mesi di pressione. Continueranno negli altri gradi di giudizio, ma almeno un primo passo è stato fatto».
Matteo, a distanza di due anni, non riesce a dimenticare quei momenti: «Ho ancora negli occhi l'immagine dei Bianchi, non li conoscevo di persona ma solo attraverso i social. Sono arrivati a tutta velocità e di colpo sono scesi dall'auto. Sono rimasto di ghiaccio e quando li ho visti fuggire, senza pensarci due volte, ho scattato la foto alla targa. Ora provo ancora rabbia, ma anche sollievo - aggiunge -. Io e gli altri miei amici abbiamo vissuto questi anni sotto pressione. Non pensavamo che potesse capitarci una cosa del genere. Il primo passo è stato fatto e spero che anche in Appello si mantenga la stessa linea».
Il Messaggero