- Tutti gli articoli del sito, anche da app
- Approfondimenti e aggiornamenti live
- Le newsletter esclusive
OFFERTA SPECIALE
Sono tornate a case venerdì sera le due famiglie ciociare rimaste intossicate lunedì scorso in un albergo a Roma a causa delle esalazioni di monossido di carbonio provenienti da una caldaia. Per mamma, una coppia di genitori e i cinque figli, tra cui una bambina di 5 anni, è stato necessario il trattamento in camera iperbarica per alcuni giorni. L’altro ieri sono stati tutti dimessi dal Policlinico “Umberto I” con prognosi di vari giorni. Ieri hanno conferito l’incarico ad un legale di fiducia, l’avvocato Nicola Ottaviani, che ha presentato una denuncia-querela per accertare le responsabilità per quanto accaduto. Le due famiglie, una di Frosinone e l’altra di Veroli, la sera di lunedì erano state al concerto di Ultimo. Avevano deciso di fermarsi per la notte nell’hotel “Raganelli”, quattro stelle, sulla via Aurelia a Roma. Erano stati sistemati in tre camere al piano terra.
Si è trattato di minuti, forse secondi, e l’incidente poteva trasformarsi in una strage. «Sono stata svegliata dal pianto di mia figlia che si stava sentendo male. Siamo salvi grazie a questo», racconta una delle due mamme. Sono passate da poco le 3 di notte quando la bambina di 5 anni accusa un grave di stato di malessere. Nausea, vomito e senso di debolezza. Sviene e sbatte la testa. La madre si sveglia, si sente anche intorpidita, ma non dà peso al particolare tanta è la preoccupazione per la figlia. Chiama il marito, ma non risponde. Sembra immerso in profondo stato soporifero.
I soccorsi
A quel punto la donna capisce che qualcosa non va, esce nel corridoio, sente un forte odore di gas, bussa alle altre porte e anche gli altri sentono gli stessi sintomi di debolezza. Nel frattempo nei corridoi dell’hotel arrivano gli ospiti.
La donna chiama i soccorsi e in pochi minuti sul posto arriva un equipaggio del 118. È un infermiere dell’Ares ad accorgersi che in corso un fuga di monossido di carbonio, un killer incolore e inodore che uccide senza che nessuno se ne accorga. Il rilevatore che indossa sulla divisa lampeggia e suona all’impazzata. L’infermiere chiede al portiere di avvertire il titolare dell’hotel e di far evacuare tutti gli ospiti, poco meno di un centinaio di persone. Mentre l’infermiere si sta accertando della fuga di gas ed è in collegamento con la sala operativa, una donna sviene. Nel frattempo nell’albergo sono arrivati anche i vigili del fuoco, la polizia e altre ambulanze per assistere gli intossicati. I pompieri hanno impiegato circa tre ore per mettere in sicurezza la struttura e consentire il rientro nelle camere dei clienti.
In ospedale finiscono nove persone: gli otto componenti delle due famiglie ciociare (i tre genitori, un quattordicenne, un diciassettenne, due ventenni e la bambina di 5 anni) e un soccorritore. I pazienti vengono prima portati al “Gemelli”, poi al Policlinico “Umberto I” per essere sottoposti a un trattamento in camera iperbarica. Venerdì sono stati tutti dimessi.
Le indagini
Stando ai rilievi dei vigili del fuoco le esalazioni sarebbe partite dalla caldaia che si trovava vicino alla tre stanze occupate dai ciociari. I locali e l’impianto sono stati posti sotto sequestro. Per ora non è stata ancora inviata l’informativa in Procura, ma intanto all’autorità giudiziaria si sono rivolte le famiglie di Frosinone e Veroli, assistite dall’avvocato Nicola Ottaviani, per accertare le responsabilità dell’incidente.
Leggi l'articolo completo su
Il Messaggero