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Enrico Letta e Roberto Speranza, dopo due ore trascorse a casa di Giuseppe Conte a discutere di Quirinale, sono arrivati a una conclusione: «La candidatura di Berlusconi non è in campo, si è rivelata illusoria», come dice il segretario del Pd. Una sorta di «bluff» che ha giudizio dei leader del fronte progressista è ormai evaporato. E dunque adesso è arrivato il momento per discutere alla pari con il centrodestra, «perché nessuno ha diritto di prelazione sul Colle, nessuno ha numeri per fare da solo», «scegliendo insieme il nome del candidato» per la presidenza della Repubblica.
L’appello a Matteo e Giorgia
Ma Matteo Salvini e Giorgia Meloni, questa è la raccomandazione di Letta, Conte, Speranza, si sbrighino. Tirino subito fuori il “piano B”, perché in una fase così complessa per il Paese rinviare la soluzione per il Quirinale «è da irresponsabili». Per dirla con Letta all’Huff: «E’ arrivato il momento di parlarsi e di trovare un nome condiviso. Serve un accordo su una personalità in linea con quel che ha rappresentato Mattarella, un anno di vita forte e produttiva del governo».
Il patto
Insomma, i tre leader progressisti tornano a proporre al centrodestra un accordo fondato su due pilastri. Il primo è un’intesa «la più ampia possibile» per la scelta del nuovo capo dello Stato, in modo da non far sbriciolare l’intesa di unità nazionale su cui si fonda il governo di Mario Draghi.
I distinguo
Proprio sul destino dell’ex presidente della Banca centrale europea però il fronte progressista si spacca. Letta ritiene che «la protezione di Draghi» debba essere «l’obiettivo di tutte le forze politiche», in quanto Draghi «è la risorsa fondamentale del Paese e ci fa da scudo rispetto alle nostre debolezza, a partire dal debito». Di qui «la necessità di fare tutto quello che è necessario per non sbagliare i prossimi passaggi. Non ce lo possiamo permettere». Speranza invece pur essendo «aperto» al trasloco del premier da palazzo Chigi al Quirinale, in fondo gradirebbe «continuità e stabilità» di governo. Perciò tiferebbe per la permanenza di Draghi alla guida del governo. Conte, sia per ragioni personali (non vorrebbe premiare chi lo sfrattò un anno fa da palazzo Chigi), sia per tenere buono l’esercito sbrindellato dei 5Stelle, invece punta a non toccare l’organigramma dell’esecutivo e dunque a non spostare Draghi al Quirinale. Il rischio delle elezioni anticipate infatti è alto e non c’è grillino che voglia correre questo pericolo. Non a caso fonti vicine al leader dei 5Stelle hanno fatto trapelare: «Serve continuità di governo».
Nell'attesa
Perciò, nella speranza e nell'attesa che quanto prima si diradi la nebbia con il passo indietro di Berlusconi, i tre leader scelgono una linea attendista. Tant’è, che al termine del vertice hanno twittato all’unisono: «Ottimo incontro. Lavoreremo insieme per dare al Paese una o un Presidente autorevole in cui tutti possano riconoscersi. Aperti al confronto. Nessuno ha diritto di prelazione. Tutti abbiamo il dovere della responsabilità».
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Il Messaggero