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Una rappresentazione della dignità della politica. Questo il segnale, segnale in controtendenza, che viene dal funerale di Napolitano. La politica intesa non come qualcosa di negativo, come interesse partitico e particolare ai danni dell’interesse generale, come un gioco di potere staccato dalla realtà del Paese e dal bene pubblico. Nell’esempio di Napolitano e nel bisogno di celebrarlo ai massimi livelli con un funerale di Stato che ha fatto parlare di noi in tutto il mondo - sottolineando che esiste un brand Italia e una eccellenza italiana che si chiama gestione della cosa pubblica, quando è ben praticata - c’è il tentativo di rivendicare il valore dell’impegno istituzionale inteso come sforzo per la crescita di una nazione che nell’andazzo degli anni scorsi, ora c’è un positivo ricredersi ma occhio alle ricadute, è stato vilipeso e delegittimato in tanti modi irresponsabili e dannosi.
Non a caso proprio Napolitano si è fatto alfiere, apprezzato da tutti senza distinzioni ideologiche e partitiche, della lotta all’anti politica (che può essere di tipo piazzaiolo o anche giudiziario).
Senza il due volte presidente Napolitano, sarebbe mancato il più evidente antidoto al populismo antipartitico, al consociativismo cattocomunista e agli altri vizi della sinistra nostrana. Di cui Napolitano era un conoscitore profondo e perciò sapeva valutarne tutta la pericolosità. Il virus dell’anti politica lui lo considerava letale e - come disse nel dicembre del 2014 all’Accademia dei Lincei – “è degenerato in patologia eversiva. Urgente si è fatta dunque la necessità di reagirvi, denunciandone le faziosità, i luoghi comuni, le distorsioni, impegnandoci in pari tempo su scala ben più ampia non solo nelle riforme istituzionali e politiche necessarie, ma anche in un’azione volta a riavvicinare i giovani alla politica valorizzando di questa, storicamente, i periodi migliori, più trasparenti e più creativi”.
La laicità delle esequie appena celebrate sta anche in questo. Nel contenere un approccio alla politica estremante professionale (Napolitano sarebbe piaciuto a Max Weber) senza cedimenti al moralismo, ovviamente fatto di una morale sempre presunta e spesso vacillante alla prova dei fatti, che purtroppo rientra nella tradizione italiana e ha prodotto ritardi non più sostenibili.
Non basta un funerale per ristabilire le coordinate della politica ma la scena di queste ore, il modo con cui in maniera bipartisan si è riflettuto sulla lezione di Napolitano, può fungere da stimolo e da doping tecnico e motivazionale per i nuovi governanti. Leggi l'articolo completo su
Il Messaggero