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Alcide De Gasperi diceva che «un politico guarda alle prossime elezioni, uno statista guarda alle prossime generazioni». E questo, tra ricostruzione post-pandemia ed esigenze di nuovo posizionamento italiano nello scenario di un mondo infiammato, non è il momento dei politici intesi esclusivamente come custodi della botteghe di partito ma degli statisti che abbiano lo sguardo lungo sull’interesse nazionale. I partiti anti-patriottici, cioè imprigionati nel recinto della propria propaganda, sono un ossimoro: perché la loro funzione costitutiva e costituzionale è quella di fare il bene della collettività e dell’intero Paese prima ancora che guardare al proprio ombelico e al proprio tornaconto. E non è solo Draghi ad aver perso la pazienza rispetto a questa situazione improduttiva, ma rischia di perderla l’Italia intera.
Alle elezioni mancano pochi mesi (e a quelle Comunali già ci siamo) e però non così pochi da poterli sprecare.
Non c’è il senso della patria nello spettacolo dei partiti (non tutti e chi più e chi meno) concentrati nella caccia ai voti per superare gli avversari e sgambettare gli alleati, impegnati nelle ripicche contro il premier tecnico, ma che con i loro voti governa, da cui si sentono defraudati di protagonismo e che provano a imbrigliare a dispetto dell’interesse generale. Che è quello, anzitutto, di avere i 200 miliardi del Pnrr necessari per rimettere in moto l’economia, la società, il lavoro e dare all’Italia uno standing all’altezza delle sfide epocali che sono davanti a noi. Un’Italia politicamente più matura significa un’Italia più forte e un’Italia più forte è quella, per esempio, che riesce ad aggiudicarsi l’Expo 2030.
Ma come si fa se, per esempio, si annunciano lotte dure in Parlamento e perfino la sfiducia contro il governo a proposito del decreto Aiuti, considerato colpevole di contenere il termovalorizzatore per la Capitale che è la vetrina italiana aperta sul mondo? Andrebbe recuperata la sana funzione dei partiti, come creatori di crescita e di senso nazionale, perché questa serve tra l’altro a combattere l’anti-politica che resta viva e minacciosa. E poi perché lo sguardo breve acceca e perché i partiti sono altamente necessari ma non se mirano troppo in basso. Leggi l'articolo completo su
Il Messaggero