Mario Ajello
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Caccia al consenso/ L’anti-politica dei partiti che guardano verso il basso

di Mario Ajello
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Sabato 21 Maggio 2022, 00:03

Alcide De Gasperi diceva che «un politico guarda alle prossime elezioni, uno statista guarda alle prossime generazioni». E questo, tra ricostruzione post-pandemia ed esigenze di nuovo posizionamento italiano nello scenario di un mondo infiammato, non è il momento dei politici intesi esclusivamente come custodi della botteghe di partito ma degli statisti che abbiano lo sguardo lungo sull’interesse nazionale.  I partiti anti-patriottici, cioè imprigionati nel recinto della propria propaganda, sono un ossimoro: perché la loro funzione costitutiva e costituzionale è quella di fare il bene della collettività e dell’intero Paese prima ancora che guardare al proprio ombelico e al proprio tornaconto. E non è solo Draghi ad aver perso la pazienza rispetto a questa situazione improduttiva, ma rischia di perderla l’Italia intera. 


Alle elezioni mancano pochi mesi (e a quelle Comunali già ci siamo) e però non così pochi da poterli sprecare. Da qui la richiesta, che viene anche dai cittadini e non solo da quel che resta della classe dirigente degna di questo nome, ai partiti di fare uno scatto di responsabilità. D’interpretare le esigenze nazionali, e non i particolarismi. Di preparare il futuro (New Generation Ue si chiama il Pnrr che si sta correndo il pericolo di vanificare a colpi di riforme bloccate invece di attardarsi in battaglie di retroguardia o in campagne pretestuose sbandierando strani pacifismi come nel caso di M5S che è contrario contro un eventuale nuovo invio di armi all’Ucraina dopo aver votato il decreto del primo marzo, che autorizza il governo a muoversi sulla crisi bellica in Europa, rimangiandosi quasi simultaneamente quel sì perché il no fa più rumore e dovrebbe portare - secondo i calcoli spesso sballati degli ingegneri del caos - più consensi. 


Non c’è il senso della patria nello spettacolo dei partiti (non tutti e chi più e chi meno) concentrati nella caccia ai voti per superare gli avversari e sgambettare gli alleati, impegnati nelle ripicche contro il premier tecnico, ma che con i loro voti governa, da cui si sentono defraudati di protagonismo e che provano a imbrigliare a dispetto dell’interesse generale.  Che è quello, anzitutto, di avere i 200 miliardi del Pnrr necessari per rimettere in moto l’economia, la società, il lavoro e dare all’Italia uno standing all’altezza delle sfide epocali che sono davanti a noi.

Un’Italia politicamente più matura significa un’Italia più forte e un’Italia più forte è quella, per esempio, che riesce ad aggiudicarsi l’Expo 2030. 


Ma come si fa se, per esempio, si annunciano lotte dure in Parlamento e perfino la sfiducia contro il governo a proposito del decreto Aiuti, considerato colpevole di contenere il termovalorizzatore per la Capitale che è la vetrina italiana aperta sul mondo?  Andrebbe recuperata la sana funzione dei partiti, come creatori di crescita e di senso nazionale, perché questa serve tra l’altro a combattere l’anti-politica che resta viva e minacciosa. E poi perché lo sguardo breve acceca e perché i partiti sono altamente necessari ma non se mirano troppo in basso.

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