Il ruolo della Cina e il cammino verso la pace

Il ruolo della Cina e il cammino verso la pace
Superata la boa dei 200 giorni una riflessione sulla guerra in Ucraina si impone. Ci sono alcuni elementi di interesse sul fronte militare e su quello diplomatico e noi siamo...

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Superata la boa dei 200 giorni una riflessione sulla guerra in Ucraina si impone. Ci sono alcuni elementi di interesse sul fronte militare e su quello diplomatico e noi siamo a due settimane da un voto sul quale quella guerra sta avendo una sua influenza. Senza arrivare a sostenere che Putin abbia già perso, sul fronte militare l’offensiva lanciata dalle forze ucraine sta producendo effetti che gli strateghi di Mosca non immaginavano. Ma è sul piano diplomatico, con riflessi su quello interno nostro, che c’è stata una novità di rilievo.


Premesso che il fronte internazionale di solidarietà all’Ucraina si rafforza ogni giorno, è intervenuta un’iniziativa importante da parte del partito che potrebbe riscuotere i maggiori consensi elettorali. Il senatore Adolfo Urso, presidente del Copasir e autorevole esponente di FdI, si è recato a Kiev venerdì e negli incontri avuti a vari livelli, a cominciare dal ministro degli Esteri Kuleba, ha espresso un chiaro sostegno all’Ucraina. Tappa successiva a Washington, dove il senatore Urso si è recato per confermare la continuità con il Governo Draghi in politica estera, non solo sull’Ucraina, ma anche sui maggiori temi dell’agenda internazionale.
Un’iniziativa molto opportuna e tempestiva per rassicurare gli ucraini e il resto del mondo sulla continuità dell’impegno italiano. Una missione che, unita ai contatti internazionali che sta avendo in prima persona la stessa Giorgia Meloni, se da un lato rassicura le cancellerie straniere che in caso di vittoria del suo partito il collocamento internazionale dell’Italia non cambierà, dall’altro dovrà essere gestita con grande abilità nei rapporti con altre forze politiche di una possibile maggioranza.


Allo stesso tempo, si sono verificate in Russia e in Ucraina, e si rafforzeranno ulteriormente, due situazioni da non sottovalutare. La prima, alla quale abbiamo già accennato, riguarda i successi della più recente controffensiva ucraina verso Est che, confermando ancora una volta la superiorità di quelle forze, ha consentito di liberare decine di centri abitati e qualche migliaio di chilometri quadrati e fermare, tra l’altro, la “russificazione” di alcune regioni che siamo stati tra i primi a denunciare da queste colonne. Sono sviluppi significativi sul piano politico e psicologico, oltre che militare. Ricordiamo che tanti hanno sottolineato come le forze russe abbiano subito mostrato carenze in tema di comando e controllo e della logistica. Tutto ciò ha provocato reazioni scomposte di Putin e dei suoi collaboratori arrivando addirittura a prendere direttamente di mira l’Italia. 


Il fatto è che Putin ha capito che le cose non stanno andando come egli credeva, o come gli hanno fatto credere, e che è iniziato un percorso in fondo al quale non c’è la sua vittoria. La seconda, riguarda le sanzioni imposte alla Russia e i suoi effetti. Putin pochi giorni fa al Forum economico orientale di Vladivostok a noi ha detto che soffriremo, all’Europa e all’Italia che siamo strangolati da sanzioni imposte da Usa e Ue, all’Ucraina ha ribadito che l’operazione speciale continua e, infine, al mondo ha annunciato che non consegnerà nulla - il riferimento è a gas, petrolio e carbone - contrario agli interessi economici russi.


Se Atene piange, Sparta non ride si diceva. Se Kiev non ride, Mosca piange. Putin e i suoi si guardano bene dal rivelare i pesanti effetti che le sanzioni hanno già provocato sull’economia russa. Il documento riservato del Cremlino circolato in Occidente nei giorni scorsi fa stato di una decrescita molto seria del Pil la cui causa è da far risalire alle sanzioni, con una recessione dalla quale la Russia impiegherà non meno di dieci anni per uscirne. Quelle sanzioni che per Putin, e per quanti in Italia si fanno suoi portavoce, starebbero penalizzando coloro che le hanno imposte, e che invece hanno raggiunto il loro obiettivo di mettere in difficoltà l’economia russa. 


E allora non accordiamo troppo peso alle dichiarazioni a orologeria che provengono da Mosca. La Zakharova, per citare l’ultima, sostiene che «Roma è spinta al suicidio economico per la frenesia sanzionatoria euro-atlantica» e che saranno gli italiani a soffrire delle conseguenze di un piano di riduzione delle dipendenze energetiche «imposto da Bruxelles su ordine di Washington». Invitiamola a leggere meglio quel documento del Cremlino e a preoccuparsi dei problemi della Russia, piuttosto che dei nostri. La domanda che tuttavia sorge spontanea è perché un attacco così esplicito all’Italia? Pensando di rafforzare quanti cavalcano il tema delle sanzioni che non hanno scalfito l’economia russa, e hanno invece prodotto danni solo all’economia italiana? 


Certo noi siamo gli unici tra gli europei ad attraversare in queste settimane una fase molto delicata sul piano politico, con un dibattito sulle sanzioni e sui rapporti con la Russia molto acceso e con argomenti, da parte di taluni, non molto lontani da quelli di Mosca. Ma c’è un altro elemento da non sottovalutare. L’Italia, con la riconquistata credibilità sul piano internazionale con il premier dimissionario, stava svolgendo un ruolo importante nelle iniziative per porre termine alla guerra. Nessuno ha dimenticato le immagini di quel viaggio in treno a Kiev di Draghi, Macron e Scholtz. La diplomazia europea si era rimessa in moto e aveva ripreso a svolgere la propria funzione. È triste per noi europei vedere quel treno ora fermo in stazione. Il 15 settembre a Samarcanda, al vertice dell’Organizzazione per la Cooperazione di Shanghai, si dovrebbero incontrare Putin e il presidente cinese Xi Jinping. Noi europei, con gli americani, siamo responsabili di aver creato i presupposti dell’attuale e innaturale, a nostro avviso, rapporto russo-cinese.

La Cina certamente può svolgere un ruolo, ma dobbiamo saperla coinvolgere. Rimettiamo allora in moto la diplomazia, a cominciare dalla nostra, a sostegno di un disegno politico chiaro all’insegna della continuità. La guerra in Ucraina può durare a lungo, con conseguenze pesanti su tutto e tutti che dobbiamo prepararci ad affrontare e gestire, e bene facciamo a ribadire in ogni occasione gli impegni presi.

 

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Il Messaggero