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È stata sempre considerata una sorta di “foresta pietrificata”. Un circolo a numero chiuso, o quasi. Dove a dividersi gli incarichi apicali nelle Pubbliche amministrazioni sono sempre più o meno gli stessi super-dirigenti. Blindati nel fortino della “prima fascia”, il ruolo da cui, per esempio, i ministri pescano capi dipartimento e segretari generali e direttori dei ministeri. Ma adesso le mura di questo circolo esclusivo, iniziano a mostrare qualche crepa. In due direzioni.
Super dirigenti nella Pa, stop al “circolo chiuso”
La prima è che, dopo anni, starebbe per essere applicata per la prima volta la regola che prevede che almeno la metà dei posti nella prima fascia dei dirigenti, siano assegnati per concorso e non più con il sistema discrezionale degli “incarichi”. La seconda novità, è che ai vertici dei ministeri, e dunque della macchina amministrativa, potranno molto probabilmente arrivare anche dirigenti provenienti dagli enti locali, come Comuni e Regioni. E questo secondo aspetto, probabilmente, preoccupa le attuali “prime fasce”, più del primo. Ma andiamo con ordine, e partiamo dai concorsi. Una norma che obbliga le amministrazioni dello Stato a scegliere con il concorso almeno la metà dei dirigenti di prima fascia, esiste dal lontano 2009. La norma, però, è stata sempre “bloccata” e la sua entrata in vigore continuamente rinviata. Almeno fino all’approvazione del decreto 80 del 2021, il cosiddetto “decreto reclutamento”, firmato dall’allora ministro per la Pubblica amministrazione Renato Brunetta e che costituisce una delle “gambe” sulle quali si regge il Pnrr.
LA RIATTIVAZIONE
Quel decreto ha “riattivato” la norma che obbliga ai concorsi anche per le prime fasce, a partire dal primo novembre del 2021.
IL DOCUMENTO
Anche qui ad infrangere il soffitto di cristallo, è stato un parere dato dal Capo dipartimento della Funzione Pubblica Marcello Fiori, che ha riconosciuto come validi ai fini dell’ingresso nel ruolo dei dirigenti di prima fascia i sette anni di incarico svolto come segretario generale della Regione Lazio di Andrea Tardiola. Insomma, chi ha guidato una Regione o un grande Comune, può ben guidare anche un ministero. Una interpretazione fortemente contestata dall’Associazione dei dirigenti pubblici (Agdp) e l’Associazione allievi Sna che hanno espresso «preoccupazione» per le posizioni interpretative assunte dalla Funzione pubblica. Interpretazioni che, dicono le associazioni dei dirigenti, potrebbero «produrre un effetto devastante sull’intero sistema ordinamentale della dirigenza pubblica, incidendo di conseguenza anche sulla spesa, con il rischio ulteriore di provocare contenziosi seriali, vista la portata estensiva di tali interpretazioni». Pronti a chiedere l’ingresso nel club esclusivo delle prime fasce, ci sarebbero 80-100 dirigenti locali. Non sono numeri bassi rispetto a un ruolo che, secondo gli ultimi dati del Conto annuale del Tesoro, conta poco più di 500 persone. Che, per inciso, con i loro stipendi fino a 240 mila euro l’anno, sono le meglio retribuite nel pubblico impiego.
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Il Messaggero