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Pensionati al minimo pronti ad incassare, dopo sette mesi, gli aumenti stabiliti dal governo con la legge di Bilancio. Mentre Palazzo Chigi già ragiona sulla possibilità di azionare un ulteriore incremento che porterebbe, a partire dal 2024, i trattamenti minimi degli over 75 da 600 a 700 euro mensili. Ma andiamo con ordine. Con la manovra messa a punto alla fine dello scorso anno, l’esecutivo Meloni ha fissato il tasso di rivalutazione delle pensioni minime del 6,4% nel 2023 per gli ultra 75 enni e dell’1,5% per gli altri pensionati. Un incremento che si aggiunge a quello previsto per il recupero dell’inflazione. Di conseguenza nel 2023 gli assegni minimi per chi supera la soglia di età salgono da 563,74 a 599,82 euro e per gli altri a 572,20. Per chi si ritrova al di sotto dell’importo minimo, non avendo diritto all’integrazione, gli incrementi percentuali si applicheranno sulle somme spettanti. Tutti questi ritocchi, finanziati con una copertura di circa 400 milioni, spettano per legge a partire dal primo gennaio. Il che vuol dire che a luglio i pensionati interessati incasseranno, oltre all’assegno aumentato, anche 6 mesi di arretrati relativi alle mensilità comprese tra gennaio e giugno. Ma per il 2024, il governo pensa, come detto, ad un ulteriore salto in avanti.
Pensioni, le motivazioni
Le motivazioni sono anche di tipo politico. In settimana il Parlamento voterà una mozione che impegna l’esecutivo a portare le pensioni minime a quota mille euro entro la fine della legislatura, fissata per il 2027. Si tratta di un vecchio pallino di Silvio Berlusconi che Forza Italia, come ha ricordato il coordinatore del partito e ministro degli Esteri, Antonio Tajani, intende assolutamente portare avanti. Insomma per il partito fondato dal Cavaliere è una battaglia identitaria che deve trovare almeno una parziale concretizzazione.
Il problema però è che per assicurare questo miglioramento a tutti i trattamenti esistenti servirebbero molti miliardi.
La circolare
In attesa di questa svolta, come già accennato, a luglio arrivano gli aumenti già spettanti per legge, le cui modalità esatte sono state precisate da una circolare dell’Inps già dallo scorso aprile. La rivalutazione è riconosciuta sulla pensione lorda complessiva in pagamento già rivalutata ordinariamente, che deve essere pari o inferiore al minimo. Sono escluse dalla base di calcolo le prestazioni fiscalmente non imponibili, le prestazioni assistenziali, le prestazioni a carattere facoltativo e quelle di accompagnamento. L’incremento spetta per ciascuna delle mensilità, compresa la tredicesima.
Per le pensioni liquidate nel corso degli anni 2023 e 2024, la rivalutazione aggiuntiva e transitoria è riconosciuta dalla data di decorrenza della pensione. Va applicata quindi sulla pensione lorda complessiva purché non superiore a 563,74 euro. Se durante il 2023 il pensionato compie 75 anni, l’importo verrà adeguato dal mese successivo al compimento dell’età. C’è anche una clausola di salvaguardia: nel caso in cui la pensione complessiva risulti superiore al minimo Inps ma inferiore ai limiti (pari al minimo più rivalutazione aggiuntiva), l’incremento è comunque attribuito, ma fino a concorrenza del limite stesso. Così una pensione lorda di 568 euro, pur essendo superiore al minimo di 563,74, riceverà comunque l’incremento sino a 572,20 o a 599,82 euro. La rivalutazione viene riconosciuta con la stessa cadenza della pensione (mensile, semestrale o annuale).
Per i trattamenti in convenzione internazionale, la base di partenza sarà l’importo lordo del pro rata italiano in pagamento. Infine per le pensioni ai superstiti cointestate, anche con pagamento disgiunto, la rivalutazione è definita sulla pensione complessivamente spettante a tutti i contitolari, e il beneficio ripartito in proporzione alla percentuale di pensione spettante. Leggi l'articolo completo su
Il Messaggero