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Il sentiero rimane stretto, ma l’Europa assicura di non voler tornare vittima della trappola dell’austerità. La prima fase di negoziati sulla riforma del Patto di stabilità e crescita è giunta all’ultimo tornante: all’Ecofin di martedì prossimo, i ministri dell’Economia e delle Finanze metteranno nero su bianco la convergenza sulle grandi linee della revisione della disciplina Ue sui conti pubblici. Intanto oggi la Commissione si appresta a dare il via libera al nuovo regime temporaneo sugli aiuti di Stato per concedere maggiore flessibilità ai governi europei.
Una situazione inedita, dopo «le trincee contrapposte viste nel corso degli anni sulle regole fiscali» europee, ha ammesso ieri il commissario all’Economia Paolo Gentiloni, parlando di un «compromesso molto avanzato» da parte dei Ventisette «nell’interesse della stragrande maggioranza dei Paesi». Per l’Italia, ha aggiunto l’ex premier a margine della presentazione delle linee guida di bilancio per il 2024, «è certamente un’ottima operazione», ricordando «la maggiore gradualità nella riduzione del debito» e «gli incentivi agli investimenti», in particolare verdi e digitali, «che producono ancora maggiore gradualità» rispetto ai criteri di rientro del debito pubblico: «Non c’è alcuna possibilità di tornare a vecchie logiche, quelle che un tempo chiamavamo dell’austerità»; l’equilibrio da trovare sui conti pubblici «è tra decisioni che consentono di mantenere la crescita» e «assorbire le risorse europee, perché altrimenti sarà molto difficile ridurre il debito».
IL NODO CRESCITA
Per tagliare debito e deficit, insomma, serve continuare a crescere: gli ultimi due anni «hanno dimostrato che l’Italia è in grado anche di correre dopo la pandemia» e, così facendo, «si riduce anche il debito», ma bisogno farlo con grande attenzione anche alla spesa corrente soprattutto quando questa non è indispensabile», ha proseguito il commissario Ue all’Economia, ricordando «che il governo italiano ha preso decisioni piuttosto rilevanti da questo punto di vista negli ultimi mesi per limitare i rischi di spese non giustificate».
I PASSI FUTURI
Incassato il sì dell’Ecofin, e alla luce della discussione tra i leader al Consiglio europeo del 23-24 marzo a Bruxelles, toccherà poi all’esecutivo Ue presentare il testo legislativo subito dopo. Restano le soglie del 60% del rapporto debito/Pil e del 3% per il deficit, ma ogni Stato si doterà di piani di aggiustamento del debito specifici, negoziati con Bruxelles e cuciti su misura - sul modello dei Recovery Plan -, su un percorso che andrà dai quattro ai sette anni, mentre spariscono regole uniche valide per tutti com’è stato il caso del taglio di un ventesimo all’anno della quota di debito in eccesso prevista nel “Fiscal Compact”. Con la conferma della disattivazione della clausola di salvaguardia che tra 2020 e 2023 ha sospeso la disciplina del Patto di stabilità, nella primavera 2024 l’esecutivo Ue tornerà ad avviare le procedure di disavanzo per deficit eccessivo (ma non per debito eccessivo) sulla base dei conti di quest’anno, ha segnalato ieri la Commissione: «L’economia europea si è ripresa oltre il livello pre-pandemico e ha superato la fase acuta dello shock dei prezzi dell’energia. L’incertezza rimane elevata, ma i rischi per la crescita sono ora ampiamente bilanciati», ha detto ancora Gentiloni, secondo cui «gli Stati dovrebbero adesso eliminare gradualmente le misure di sostegno» adottate per mitigare l’impatto dei rincari in bolletta e «costate ai bilanci Ue l’1,2% del Pil nel 2022 e circa l’1% quest’anno».
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Il Messaggero